Maria Felicia nasce a Parigi il 24 marzo 1808, da mamma soprano e papà tenore; ha un fratello baritono e una sorella mezzosoprano. Il bel canto le scorre nelle vene, è quasi una questione genetica, ereditaria, e le viene così naturale che fin da subito la giovane Maria sembra riuscire a modellarselo addosso: diventerà famosa come Mariquita in Spagna, Signorina negli Stati Uniti e Marrietta in Italia ma, al seguito dei genitori, debutta da protagonista a soli diciassette anni e presto entra in contatto con importanti personalità della scena operistica. Tecnicamente inquadrata come soprano drammatico d’agilità – definizione coniata da Eugenio Gara nel 1949 per un’altra certa Maria della lirica [Callas, ndr], ma che le calza a pennello perché descrive voci forti, ma virtuose e capaci di unire pienezza di volume nel registro grave e agilità nel registro acuto – la francese di origini spagnole si esibisce con elasticità nelle tre ottave (fa2-fa5) che riesce a percorrere, all’interno di un repertorio molto ampio che comprende anche ruoli maschili, en travesti. Per Bellini sarà Norma e Annina, ma anche Gualtieri e Romeo, e leggenda narra le vengano così bene i ruoli tenorili che le dame che la ammirano sul palco vadano in visibilio e se ne innamorino. Anche il suo esordio bolognese, nel 1832, al Teatro Comunale è descritto come sublime, nell’opera I Capuleti e i Montecchi.
Intensa sulle scene come nella vita, Maria Felicia García Sitches conosce il suo primo marito, il banchiere Eugène Malibran, durante una tournée americana. È il 1826 quando decidono di stabilirsi a New York, lei meno di vent’anni e lui ne ha quasi cinquanta. Il loro è un amore turbolento, attraversa una bancarotta e l’unione dura solo un anno o poco più: l’uomo non ha nulla da lasciarle, la ragazza si prende il cognome e diventa – lo rimarrà fino alla morte – Maria Malibran. Tornata in Europa, conosce il celebre compositore Charles Auguste de Bériot, il sentimento scocca immediato e la convivenza di lì a breve. Maria e Charles, però, devono attendere anni per celebrare un matrimonio ufficiale, perché l’annullamento del vincolo con Eugène tarda ad arrivare. Arriva invece un figlio, Charles-Wilfrid (neanche a dirlo, futuro pianista compositore), nato nel 1833, ed è proprio in quegli anni che Maria ottiene la naturalizzazione belga.
Donna poliedrica e di spirito, non esaurisce la sua vena artistica con la musica, ma la manifesta anche attraverso la pittura. Disegna personalmente il costume dai colori sgargianti del gondoliere che, nel 1835, tutte le sere la accompagna alla Fenice di Venezia, dove si esibisce con La sonnambula: l’artista esige sempre la stessa gondola dagli esterni grigio chiaro e gli interni oro e rosso scarlatto e quello che sviluppa con la laguna è un affetto ricambiato e profondo. A lei la città dedica il Teatro Malibran, ai tempi fatiscente e in seguito rimodernato grazie alla generosità di Malibran, che dona il proprio cachet per realizzare il progetto.
Così devota al palcoscenico, Maria decide di continuare ad esibirsi anche dopo una brutta caduta da cavallo, avvenuta una mattina di luglio nelle campagne londinesi: testarda, rifiuta di farsi visitare dai medici sebbene incinta di alcuni mesi, ma è molto probabile non si sia più ristabilita dalle complicanze delle ferite riportate. Muore a Manchester a soli 28 anni, dopo settimane di agonia, il 23 settembre 1836, ma resterà per sempre ispirazione di grandi menti quali Hans Christian Andersen, Edgar Allan Poe e Alexandre Dumas.
Per approfondire:
Maria Malibran. Vita straordinaria di una diva, di Giorgio Leonardi – ed. Le Lettere, Firenze (2022)
Maria Malibran, diva tra belcanto e sentimento, di Simonetta Chiappini – Fondazione Rossini, Pesaro (2008)
Bologna nel lungo Ottocento, di Alessandro Cavazza. – Istituto per la storia del Risorgimento italiano Comitato di Bologna, Bologna (2008)
Catalogo del Fondo Maria Malibran conservato presso la biblioteca del Conservatorio Reale di Bruxelles
Maria Malibran – Museo itinerante, a cura della Fondazione Musicale Cecilia Bartoli
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