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Nel clima rivoluzionario dei primi anni ’70, anche la teoria queer fa un’apparizione di spessore. È il 1972 quando il giovanissimo Guy Hocquenghem, filosofo e militante del Front homosexuel d’action révolutionnaire, pubblica il suo primo libro, Le Désir homosexuel. Folgorato dalle riflessioni antipsichiatriche formulate da Deleuze e Guattari in Anti-Edipo, testo uscito pochi mesi prima, decide di portare avanti le conclusioni dei due filosofi sul desiderio. Se infatti, più che di un teatro edipico, si dovrebbe parlare di macchine desideranti e di un desiderio che «non minaccia una società perché è desiderio di andare a letto con la madre, ma perché […] sogna piuttosto il mare aperto», allora ci sono finalmente gli strumenti per concettualizzare la questione gay in una chiave rivoluzionaria e marxista. Come proletari non si nasce, ma si diventa in una società dove i mezzi di produzione sono privati, simile nella struttura è la questione gay. Ciò significa che non c’è nulla di naturale nel modo in cui la società capitalistica concettualizza e definisce gli orientamenti sessuali. Come la classe operaia esiste solo in quanto è la classe di persone sfruttate dai capitalisti, così anche le persone omosessuali esistono dialetticamente: non in sé ma solo in rapporto al loro opposto, le persone eterosessuali, sulla base di uno sfruttamento e una produzione sociale. Qualcosa sembra, però, non tornare: l’oppressione operaia nasce dal pluslavoro, così come Marx lo delinea nel Capitale, ma quale sarebbe il corrispettivo gay? In che modo le persone non eterosessuali sono sfruttate?
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Non sembra esserci alcuna questione economica che dipenda direttamente dallo sfruttamento delle persone non eterosessuali, a differenza, per esempio, del lavoro nero sottopagato, giustificato dal suprematismo bianco, o del lavoro domestico svolto gratuitamente da molte donne, reso legittimo dall’ideologia patriarcale. È in questo punto nevralgico, che se non risolto rischia di generare una divisione tra lo strutturale sfruttamento economico e ciò che dipende da contingenze culturali sovrastrutturali, che svolge un ruolo chiave il concetto di Anti-Edipo. Come Deleuze e Guattari propongono nel loro saggio, non c’è differenza tra economia politica ed economia del desiderio: se entrambe sono produzione, questioni macchiniche, allora il desiderio dell’individuo è un prodotto come lo è il tavolo, frutto del sudore giornaliero della classe operaia specializzata. Ciò che è sfruttato, costruito, prodotto delle persone gay è il loro desiderio: «eterosessualità e omosessualità sono gli esiti precari di un desiderio che ignora il suo nome». È per questo che Hocquenghem distingue tra desiderio omosessuale e omosessualità: il primo è nient’altro che il desiderio stesso, nell’accezione anti-psicanalitica dell’Anti-Edipo, il secondo è la codificazione sociale del primo. Il desiderio è intrinsecamente rivoluzionario perché è indeterminato ( Hocquenghem si riallaccia all’espressione freudiana del «perverso polimorfo») e ciò che non è controllabile non può che minacciare lo status quo. Per questo la società eterosessuale produce un modello di omosessualità che rinchiude il potere polivoco e rivoluzionario del desiderio omosessuale nella camera da letto. La privatizzazione della libido nell’Edipo e nel romanzo familiare è la mossa strategica che permette alla psicoanalisi e alla società eterosessuale di codificare un flusso di desiderio che sarebbe di per sé incodificato e ingovernato.
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L’omosessuale diventa nient’altro che la brutta copia dell’eterosessuale: la potenzialità rivoluzionaria del suo desiderio, che è una continua sfida e pericolo per la società, come dimostra la paranoia da persecuzione di chi lo contrasta, è ridotta alla ricerca del matrimonio, della famiglia, dei figli, di una vita considerabile normale. Se il Fallo, insegna Lacan, è il significante per eccellenza, allora ogni quantità di godimento possibile è determinata solo in base a esso. È il Fallo che nella società eterosessuale determina l’identità e che permette distinzioni sociali tra maschi e femmine, l’ano, simbolo e arma del desiderio omosessuale, invece no: «da dietro siamo tutti donne, l’ano ignora la differenza sessuale». È ciò che l’autore, lasciandosi ispirare da un brano di Proust, chiama l’astuzia dei fiori, cioè l’assenza del Fallo come ciò che dà significato a tutto il resto. Nell’immagine dell’impollinazione si svela la realtà non sessuale della libido: «questi fiori e questi insetti non hanno sesso, sono la macchina stessa del desiderio sessuale». Preciado dedicherà splendide pagine a questo testo capitale di teoria queer, promuovendo un terrorismo anale volto a distruggere le logiche identitarie che fanno ricadere la questione gay nella razionalità eterosessuale, come disse Foucault. L’invito è quindi, per quanto possibile, alla schizofrenia, cioè al desiderio liberato, non codificato, caotico, senza nome, anti-identitario. Molto altro viene scritto e molto Hocquenghem lascia da teorizzare. Il desiderio omosessuale è un testo con cui dobbiamo ancora fare i conti e che molto ci può ancora insegnare. Introvabile in italiano per molto tempo, è finalmente riedito da Mimesis per la cura di Cristian Lo Iacono con una nuova traduzione più fedele al testo francese. È forse ora di cogliere la palla al balzo e decidere di fare i conti con gli abissi del nostro desiderio.
Immagine di copertina da mimesisedizioni.it, immagine nel testo da lmda.nete da bfmaf.org
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