INTERMEZZO 1: IL BUIO OLTRE LA VAGINA
La stanza è buia, entro senza farmi sentire. O almeno questa è la mia impressione. In realtà i passi sono pesanti per l’abitudine che ho di indossare anfibi e, oltretutto, le chiavi attaccate al pantalone tintinnano a ogni passo, producendo un mio personale e lento heavy metal.
«Tutto sommato non sono così male» continuo a ripetermi. «Oggi ho anche meno occhiaie del solito e questa camicia mi scende bene, mi rende più piatto».
Sono dentro la stanza, il buio non è poi così buio con tutti quei display accesi. La gente mormora, ridacchia e urla, a seconda della quantità e qualità di alcol e droghe utilizzate. Mi guardo un po’ intorno e continuo a camminare con il suono delle mie chiavi. Per sentirmi più al sicuro cammino rasente ai muri, al sicuro non so nemmeno da cosa, dato che entrare in una dark room è stata una mia scelta. La musica all’interno è meno forte; questa cosa mi rilassa, il suono è più morbido, il drop è meno carico. Un soffio proprio dietro il mio orecchio, mi giro cercando di non sobbalzare. Un tipo mi sta respirando addosso. Strano modo di approcciarsi, ma senza dubbio meglio d’essere subito tastato lì sotto.
«Ciao carino. Ma quanti anni hai? È la prima volta?»
«No. Cioè sì. Ci sono stato una volta in un posto simile, ma è stato tanti anni fa ed era diverso.» Penso che non abbia senso raccontare la mia vita a questo emerito sconosciuto, quindi taglio corto.
«In verità non sono così piccolo. Ho 25 anni.» – Sorrido.
«Ah. Sembri molto più piccolo. Ti ho visto anche in pista, sei il mio tipo.»
Il suo tipo. Cosa significa, forse ha capito. Mi accarezza il viso, inizia a baciarmi dietro l’orecchio. Mi fa un po’ il solletico e anche un po’ disgusto perché ha un forte odore di alcol. Con la mano inizia a slacciarmi i pantaloni.
«No. Aspetta.»
«Cosa c’è? Guarda che ho i preservativi, non ti preoccupare»
«No, devo prima spiegarti una cosa».
Il drop diventa più carico (quelle strane casualità da film romantici di serie b). «Che cosa?! Non ho capito bene cosa hai detto. Alza la voce.»
Immagino che adesso alzerò la voce e la musica cesserà, altrimenti non è un vero cliché. Allora gli dico:
«Possiamo andare fuori a parlare? Poi se vuoi ritorniamo dentro, oppure no.» «Senti bello, ti ho detto che sei carino, ma mi stai facendo perdere tempo. Se non vuoi scopare non entrare in questi posti.»
L’emerito sconosciuto esce di scena. Meglio, gli stronzi non me li scopo. «Che classe il ragazzo!»
Un tipo sbuca da un angolo buio, il film di serie b diventa una pellicola di David Lynch.
«Io sono Luca. In generale l’idea di scopare senza parlare mi eccita, ma dopo anni ha iniziato a stancarmi. Parla con me.»
Usciamo fuori dalla dark, mi cinge le spalle con un braccio. Almeno non puzza di
alcol e vedendolo alla luce mi sembra anche un discreto figo.
Ci sediamo fuori nel prato. Un’auto sfreccia veloce, i suoi occhi sono molto verdi e mi rendo conto di essermi seduto su qualcosa di appiccicoso. Spero sia gin tonic. Iniziamo a baciarci.
«Non dovevamo parlare?» – interrompo l’intreccio di lingue.
«Dobbiamo davvero?»
«Sì. Dobbiamo. Certo, non credere che muoia dalla voglia di raccontare la mia vita a un tizio alle quattro di mattina, seduto probabilmente sullo sperma di qualcuno fuori da una discoteca gay. Ma devo. Sono trans. Questo significa che sono nato femmina, ma che non sono una donna. Sono in terapia ormonale da tre anni.»
Silenzio. Il suo viso è pensieroso, riesco quasi a sentire il rumore dei suoi neuroni.
«Ah. Caspita. Mi hai colto di sorpresa» – ridacchia istericamente – «Ma quindi hai già
fatto l’Operazione?»
«Quale delle tante?»
«Insomma, l’Operazione. Una volta ho visto un programma in tv, forse era la Ferilli. Sì, la Ferilli. Era lei. Diceva che voi fate un’operazione in cui applicano un pene.»
«Ehm. Certo, lo applicano come un impacco alla camomilla. No. Non ho fatto nessuna operazione e non la farò mai. Ho una vagina e mi piace.»
Continua a ridere nervosamente, inizia davvero a darmi fastidio. Voglio andare via.
Sento di non riuscire a contenere la rabbia, devo andare via subito.
«Quindi tu hai la figa?! Ma sei seria, ehm scusa, serio?!»
Mi alzo, lo guardo negli occhi e sorrido. Sorrido perché sono stanco dei volti ebeti, stanco di difendermi, stanco di essere stanco. Allora sorrido, quale risposta migliore di un sorriso da piccolo Buddha?
Me ne vado sornione, lasciandolo seduto lì, mentre continua a guardarmi per scovare i punti del mio corpo che avrebbero potuto smascherarmi.
Cammino lento, cerco nella tasca del pantalone le mie cuffie e metto su un bel pezzo dei Metallica, inizia leggermente a piovere. Tiro su il cappuccio e guardo il cielo buio senza sentirmi solo. E’ una serata come tante e anche oggi si scopa domani.
Perseguitaci