Mezzo secolo di Anti-Edipo
«(Ri)partire dal desiderio» è uno slogan ormai celebre nei movimenti queer e femministi, che trova le sue nobili origini, tra ə altrə, nelle riflessioni di Audre Lorde e Mario Mieli. Un ruolo di prim’ordine, in queste formulazioni teoriche, lo ha la psicoanalisi: è il filosofo Herbert Marcuse che nel suo classico Eros e Civiltà usa gli strumenti della teoria freudiana per dimostrare che il desiderio umano è per sua natura polimorfo, ma viene represso dalla società. Si tratterebbe dunque di liberarlo. È questo il clima filosofico che attraversa il ’68 e gli anni 70.
È proprio contro questa impostazione che cinquant’anni fa, il 1° marzo 1972, viene pubblicato L’Anti-Edipo. Capitalismo e Schizofrenia di Gilles Deleuze, filosofo, e Felix Guattari, psicoanalista eretico. Quando Michel Foucault ne scriverà la prefazione per l’edizione americana, lo dichiarerà un libro di etica e arriverà a definirlo una introduzione alla vita non-fascista. Il fascismo, infatti, non è solo quello storico di Hitler e Mussolini ma ve n’è un’altra tipologia, più subdola, cioè quello che si annida nelle pieghe del nostro spirito. Fascismo è amare il potere che ci opprime e ci sfrutta. E allora, si chiede Foucault: «Come fare per non diventare fascisti anche (e soprattutto) quando ci si crede dei militanti rivoluzionari? […] I moralisti cristiani cercavano le tracce della carne installata tra le pieghe dell’anima. Deleuze e Guattari, da parte loro, braccano le più infime tracce di fascismo presenti nel corpo». È proprio sul tema del desiderio che si gioca la questione. Contro la psicoanalisi, che pensa il desiderio come pulsione naturale del soggetto e come una rappresentazione di qualcosa di nascosto nell’inconscio, Deleuze e Guattari oppongono il concetto di macchina desiderante. Non si desidera mai un oggetto, si desidera un e dentro un insieme. Quando dico di desiderare un vestito, non lo voglio in astratto ma sempre in un «paesaggio», cioè nel mio contesto di vita: è in relazione a una molteplicità di referenti (la festa a cui lo indosserò, chi lo vedrà etc). Il desiderio consiste proprio nella costruzione di queste relazioni e di questi collegamenti, nella costruzione di tale paesaggio.
Non ha dunque nulla a che vedere con la rappresentazione ma – tutt’altro – è produzione, è una macchina e, di conseguenza, non ha alcun significato ma semplicemente produce, funziona. Soprattutto: ognuno costruisce il proprio paesaggio. Io desidero una moto perché voglio fuggire dalla mia città, qualcun’altrə perché vuole arrivare prima al posto di lavoro. Il desiderio è, quindi, essenzialmente rivoluzionario perché sfugge a tentativi di catalogazione uniforme: non c’è nessuna chiave esegetica del desiderio. Non c’è nulla da liberare ma tutt’altro: bisogna liberarsi del desiderio psicoanaliticamente inteso. Non c’è bisogno di scoprire una fantomatica repressione sociale ma riconoscere la natura produttiva del desiderio e chiedersi cosa il nostro desiderio costruisce e come funziona. Volendo dire la stessa cosa ma in una via diversa, Deleuze e Guattari denunciano la rappresentazione antropomorfica della sessualità nella psicoanalisi: il desiderio è profondamente sessuale, come sostiene anche Freud, ma solo a condizione di ammettere anche il sesso non-umano. Se è chiaro capire cosa intendere con «sesso umano», con «sesso non-umano» i due pensatori vogliono sottolineare la natura sociale e politica delle macchine desideranti. Ogni macchina è, per sua natura, binaria e necessita di installarsi su altre per poter funzionare e attualizzarsi. E queste sono le entità sociali e le istituzioni, come lo Stato. In nuce, questo significa che i desideri non sono mai individuali ma sempre sociali, non c’è spazio per il soggetto. Come spiega Foucault: «non pretendiate dalla politica che ristabilisca i “diritti” dell’individuo per come li ha definiti la filosofia. L’individuo è il prodotto del potere». Dietro la maschera dell’individuo si nasconde una molteplicità, cioè quella molteplicità di valori e istituzioni che lo hanno plasmato. Compito della schizoanalisi, cioè la teoria che i due autori oppongono alla psicoanalisi, è proprio analizzare le radici sociali e collettive dei disagi psicologici, rinunciando a rimandare il desiderio a un sostrato inconscio, collettivo o individuale, che pretenda di occultarne il carattere politico. Insomma, l’Anti-Edipo svela «ovunque una transessualità microscopica, che fa sì che la donna contenga tanti uomini quanto l’uomo, e l’uomo altrettante donne, capaci di entrare gli uni colle altre, le une cogli altri, in rapporti di produzione di desiderio che sovvertono l’ordine statistico dei sessi. Fare l’amore non è fare uno, e neppure due, ma fare centomila. Le macchine desideranti o il sesso non umano sono appunto questo: non uno e neppure due sessi, ma n sessi. La schizoanalisi è l’analisi variabile degli n sessi in un soggetto, al di là della rappresentazione antropomorfica che la società gli impone e ch’egli stesso si dà della propria sessualità. La formula schizoanalitica della rivoluzione desiderante sarà innanzitutto: a ciascuno i suoi sessi».
Immagine copertina da: Il Manifesto
Immagine 1 da: Tweeter
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