di Claudia Marulo e Giulia Giunta
Recentemente Pen America – onlus statunitense che opera in difesa della libertà di espressione e promozione della cultura letteraria – ha pubblicato un rapporto sull’esclusione di molti titoli dalle biblioteche pubbliche e scolastiche statunitensi, prevalentemente a tema LGBTQ+ e di contrasto al razzismo. Il rapporto, piuttosto preoccupante, spiega come ciò sia avvenuto e anche quali possano essere gli antidoti per fermare questa tendenza pericolosa per le identità non predominanti.
Dal rapporto emerge che in molti degli Stati Uniti negli ultimi due anni è stata attuata una forma di censura a valle: i libri incriminati sono stati sì pubblicati, ma si è tentato di bloccarne la diffusione. Il fenomeno si era già verificato in passato, ma negli ultimi due anni ha assunto proporzioni notevoli e preoccupanti.
I maggiori bersagli di questa forma di censura sono libri che hanno come protagonistǝ (e/o personaggi secondari) delle persone LGBTQ+ (il 41% del totale), persone razzializzate (40%), o che affrontano esplicitamente tematiche legate al razzismo (21%) o alla sessualità in generale (22%). Sarebbero 1.648 i libri banditi e almeno 5.049 le scuole in cui i libri sono stati vietati, con un’iscrizione combinata di quasi 4 milioni di studenti.
Chi e come si è mossǝ per portare avanti questa operazione?
Gli attori principali sono tre e operano in sinergia: 1) gruppi locali e nazionali creatisi su Facebook con interessi vari, ma prevalentemente legati all’educazione o alla religione; 2) associazioni di genitori; 3) legislatorə statali e funzionariə del ramo esecutivo.
La forza dei primi è trainante: Pen America ne ha identificati almeno 50 attivi a livello nazionale, statale o locale, quasi tutti formatisi nel 2021, tra cui spicca MassResistance, classificato come “gruppo di odio” anti-LGBTQ+ dal Southern Poverty Law Center. Ma ce ne sono molti altri, altrettanto pericolosi e operanti nella direzione di una disinformazione sistematica. Spesso sono questi stessi gruppi a coinvolgere le associazioni di genitori.
Eppure le richieste di gruppi Facebook e genitori non sarebbero da sole sufficienti a rimuovere alcun testo: hanno bisogno dell’intervento delle istituzioni, che purtroppo sono spesso sensibili alle loro istanze e intervengono con leggi ad hoc che possono insinuarsi nel sistema democratico erodendo gradualmente gli articoli chiave di protocolli e leggi che dovrebbero proteggere la libertà intellettuale e la rappresentazione di più identità e prospettive.
Pen America ha riportato anche molti casi di molestie online o denunce penali per distribuzione di materiale pornografico in classe ai danni di personale scolastico o bibliotecario, che si aggiungono alle minacce di tagli ai fondi delle biblioteche non disponibili a rimuovere immediatamente i libri indicati.
I metodi comuni ai vari gruppi nei vari stati si possono riassumere e schematizzare come segue:
1. stilare elenchi di libri da rimuovere (spesso copiati e incollati proprio dagli elenchi che le biblioteche propongono per aumentare inclusione e varietà di prospettive);
2. condividerli su Facebook o altri canali, chiedendo allə utenti di arricchirli;
3. cambiare etichetta ai titoli, da “inclusivi” a “osceni”, “ideologicamente pericolosi”, addirittura “pornografici”;
4. citare le leggi che bandiscono i libri con tali requisiti;
5. fare appelli diretti alle scuole e alle istituzioni perché i libri siano immediatamente rimossi (ove possibile senza vaglio) con l’esplicita o implicita minaccia che le biblioteche/scuole che invece decidono di tenerli verranno penalizzate con tagli ai fondi;
Ci sono gruppi che, quando non riescono a intaccare le leggi o ad agire per vie istituzionali, incitano ad andare in biblioteca e apporre sui libri un’etichetta con su scritto “inappropriato”, o peggio ancora a prendere in prestito i libri a tematica LGBTQ+ per impedire ad altrə utenti di leggerli.
Gli Stati Uniti hanno due istituzioni che potrebbero contrastare questo tipo di fenomeni: l’American Library Association (ALA) e la National Coalition Against Censorship (NCAC), enti che hanno stilato linee guida per la selezione e l’eventuale rimozione dei testi dalle biblioteche (tra cui visionare l’opera nel suo complesso, sottoporla a una commissione competente, non ritirare il libro prima del processo di revisione, attivare il processo solo se la pratica dellə denunciante è completa e formalmente corretta). Purtroppo però queste importanti linee guida sono state bypassate nel 96% dei casi. Infine, lə statunitensi si possono appellare anche al Primo Emendamento sul diritto di accesso a informazioni e idee nelle scuole, nonché il diritto alla discrezionalità professionale di educatorə e bibliotecariə.
Ma in Italia il Primo Emendamento non c’è, e considerando il progressivo repubblicanesimo degli Stati Uniti parallelamente ai risultati delle ultime elezioni in Italia, è inevitabile domandarsi quali effetti potrebbero esserci anche nel nostro Paese sul fronte della censura bibliotecaria.
Per quanto personaggi e Partiti di Destra abbiano esultato alla dilagante azione censoria statunitense, la maggior parte dell’opinione pubblica è contraria.
In Italia non ci sono avvisaglie (né precedenti di rilievo) di un’azione censoria come quella denunciata da Pen America. Il caso più recente risale al 2015, quando il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ritirò 49 titoli dalle scuole per l’infanzia lagunari. La giustificazione, per citare lo stesso sindaco, risiedette nella volontà di «verificare quali [fossero], e soprattutto quali non [fossero], adatti a bambini in età prescolare». Interessante vedere come in tali titoli trovassero posto sia le famiglie omogenitoriali (Piccola storia di una famiglia di Francesca Pardi, coautrice anche di Qual è il segreto di papà?, Più ricche di un re di Cinzia Barbero, Jean a deux mamans di Ophelie Texier), sia storie di crescita e scoperta personale (Le piccole avventure di Margherita di Armelle Modere e Didier Dufresne, come anche Nei panni di Zaff di Manuela Salvi sull’identità sessuale, Forte come un orso di Katrin Stangl).
Non si trattava quindi né di oscenità né di sospetta pornografia. Forse anche per questo la tentata censura provocò confusione e rabbia da parte del personale docente come dei genitori, sfociando in diverse iniziative più o meno incisive. La petizione dell’attrice Martina Galletta su Change.org allo scopo di sollecitare un intervento concreto da parte dell’allora ministra dell’Istruzione Stefania Giannini raccolse quasi 30.000 firme, contribuendo a mettere un freno all’azione di Brugnaro.
Quello che avrebbe potuto costituire un preoccupante precedente si è rivelato invece un episodio dalle note ambivalenti: se infatti, da un lato, mostra che in Italia è ancora presente l’intenzione di nascondere, piuttosto che affrontare, temi tabù, dall’altro i suoi sviluppi dimostrano la volontà di opposizione a qualunque tentativo di oppressione. La risposta dell’allora sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone alla petizione di Galletta suggerisce un ulteriore spunto di riflessione: «Sono dirigente scolastico, sono insegnanti e genitori a prendere insieme qualsiasi decisione che riguardi il piano dell’offerta educativa e formativa in una scuola. Vale anche per i libri e le biblioteche scolastiche. Nessun sindaco può intervenire in tal senso».
Infatti, non esiste base giuridica nell’ordinamento italiano che possa giustificare la censura da parte dello Stato di libri già selezionati e considerati appropriati da professionistə del settore (e pertanto pubblicati), nelle scuole così come nelle biblioteche. Nemmeno il Ministero della Cultura è autorizzato a mettere mano ai cataloghi delle biblioteche, sia comunali che scolastiche. La legge nr. 417 del 1995, Regolamento recante norme sulle biblioteche pubbliche statali, indica che l’intervento del Ministero è necessario solo in caso di «innovazioni importanti che si riflettano sul funzionamento dell’istituto» (art. 25).
Di conseguenza, per quanto in Italia si stia registrando lo spostamento dell’opinione pubblica verso ideali di destra, si tende a considerare alquanto improbabile che si verifichi un’azione legale volta alla censura bibliografica, almeno in modo diretto e drastico come accaduto negli Stati Uniti.
La relazione tra ideologia dominante e azione censoria non è tuttavia da sottovalutare: se da un lato non ci sono dubbi circa l’appartenenza ideologica di Meloni, dall’altro il tentativo del sindaco Brugnaro ha chiaramente radici nella disputa del periodo attorno alla fantomatica ideologia gender. Il 2015 fu l’anno del Family Day: un’atmosfera che non può che essere stata di ispirazione per Brugnaro e per chissà quanti altri personaggi pubblici fuggiti dai riflettori.
Resta un ultimo aspetto da considerare: i genitori. Si è visto come negli Stati Uniti le associazioni formate da genitori e in generale da normalə cittadinə godano di un potere pubblico non indifferente: in Italia la realtà è molto diversa.
Ogni istituto scolastico presenta infatti un Consiglio costituito, oltre che dallə Preside e dal personale docente, anche dallə Rappresentantə dellə studenti e dei genitori, che hanno la possibilità di esprimere richieste così come di sporgere reclami. Per quanto i programmi scolastici esulino dalla loro sfera di influenza, lo stesso non si può dire dei libri disponibili nelle biblioteche: in linea teorica, lə Preside può prendere in considerazione e anche accettare eventuali richieste. Ciò resta ovviamente a sua discrezione e la sua decisione influenzerà solo e unicamente l’istituto di cui è a capo. Molto poco per avere un reale impatto nazionale.
Più che una tendenza censoria, sarebbe infatti opportuno mostrare come negli ultimi anni siano stati numerosi gli interventi statali volti alla promozione della lettura: in particolar modo, il DDL 1421 Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura del 2019, le nuove regole sugli sconti applicabili ai libri allo scopo di salvare le piccole attività indipendenti, i 30 milioni del Fondo Biblioteche, sono segnali inequivocabili dell’importanza che il Libro e la Lettura hanno nel nostro Paese. Segnali che spingono sempre più lontano il fantasma della censura, almeno all’apparenza. Tali decreti non sono infatti esenti da critiche: servirebbe un’analisi ben approfondita sia dei testi di legge che dell’applicabilità delle nuove regolamentazioni per determinarne la reale efficacia.
In teoria, almeno sul fronte dei libri, si può stare tranquillə. Nella pratica, l’ottimismo è un atteggiamento da adottare con molta, molta cautela.
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