Nietzsche e Lady Gaga: una carola per tutte e per nessuna
Salvifica come un Messia, la gita fuori porta mi redime dall’alienazione del comporre mazzolini di rose e viole. Gli interminati spazi, i sovrumani silenzi, quella profondissima quiete inusitatamente turbata dalla dislocazione abomasale di una mucca. Schiacciata tra l’impazienza delle compagne fitologiche e l’etica doveristica, ordino ai fattori nostri sodali di ribaltare il bovino, prodigandomi nel cucire l’abomaso alla parete addominale. Nella mia Balenciaga, di certo non possono mancare ago, filo da sutura e un po’ di gaia scienza. Sprofondata nel letame, gli umori della natura tra le mani, una sticky situation che non va né su, né giù: è la morte di Dio che fisso con imprudenza. Le metafisiche cadono come corpo morto cade, Apollo ha trionfato su Dioniso e un altro amore no, non è possibile. È forse l’annuncio dell’uomo folle? Donald Trump siede sul trono del mondo e ruggisce le demistificazioni delle perdute narrazioni, proprio come quel lampadario vetusto che immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto. Ora comprendo.
È il crepuscolo degli dei e io non voglio fare l’altalena su e giù da questo iperbarico iperuranio: abbisogno del corpo, della terra, della carne. La mucca è salva, afferro un bracciante e mi insinuo tra le pieghe della salopette alla ricerca della turgida volontà di potenza. Invito in me le amiche del circolo, i villici e chiunque desideri celebrare quel baccanale capace di riordinare un mondo che si scioglie in bocca come fragola. Tu, noi, lei, lo scroscio dei capezzoli, un petto villoso, il sudore del Leviatano lussurioso, adesso sa che vorrei, le mani, le sue. La vedo, all’acme di quel climax. È l’Oltreuomo. Madre di mostri capace di reggere il mondo in cui tutti gli dei sono stati cacciati. Joanne vive il rovesciamento assiologico, è la morale dei signori, la portatrice dei valori dell’al di qua. Lady Gaga regge il peso dell’eterno ritorno: rivive uroborico tutto ciò che l’ha preceduta, digerito nell’autopoiesi di un’identità perversa e polimorfa. Nella piccola morte che dona la vita, risuona come un tacco di McQueen quel disco dove io sono veramente io, sussurrandomi parole profetiche: crescerà forte più di te questa voglia di vita tra le tue mani.
Benedetto sia’l giorno e’l mese e l’anno e la stagione e’l tempo e l’ora e’l punto ove io fui raggiunta da questa epifania d’anticristo. Umana, troppo umana forse, ritorno dalla campagna in sul calar del sole. Come vergine vezzosa, miro gli schiavi che pascono nella loro morale: ecce homo. La scuola sarà sempre meglio della merda, ripeteva il mio maestro, ma in quel letame v’ho narrato del bene che vi trovai: all’aurora di una nuova etica si ritorna alla terra, nella sublime sepoltura senza pianto; di tutto il resto ci cale, ma mica poi tanto.
pubblicato sul numero 21 della Falla – gennaio 2017
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