Se sei cresciutə tra gli anni ‘80 e ‘90 ricorderai l’epica saga di Lady Oscar, la paladina della regina Maria Antonietta che viveva a Versailles come un soldato e che è stata il risveglio queer di moltə di noi. Il titolo originale del manga era Le rose di Versailles, titolo che esplicitava il legame dell’opera con la comunità gay e lesbica giapponese. Nel Giappone degli anni ‘80 infatti gli uomini gay erano noti come rose, bara in giapponese, mentre le donne lesbiche erano gigli, yuri, termine che si usa ancora per manga che contengono storie d’amore tra donne. Un esempio dell’utilizzo diffuso di queste parole si trova nel titolo del tragico corto di Toshio Matsumoto Il corteo funebre delle rose, del 1969.

Ma perché tutti questi fiori? L’origine del legame tra le rose e i gay in GIappone sta nella leggenda diffusa negli anni ‘60/’70 sulle rose rosse, pensate come un dono che gli uomini scambiavano con i propri amanti nell’antica Grecia. Questo mito era così forte che quando nel 1971 l’editore Bungaku Ito dovette scegliere un titolo per la propria rivista dedicata al pubblico omosessuale la chiamò proprio Barazoku, La tribù delle rose, riprendendo anche il termine “tribù” tipico delle gang di motociclisti dell’epoca.

Bungaku aveva ereditato dal padre una casa editrice in difficoltà, che scelse di usare per pubblicare racconti a tema erotico, manuali per la masturbazione e sulle “tecniche omosessuali e lesbiche”, avendo provato in prima persona i rischi che la repressione sessuale poteva creare allo sviluppo psicologico. Promuovendo i manuali approfondì le necessità degli omosessuali giapponesi e decise di creare con questa rivista uno spazio di incontro e socializzazione, arrivando anche a organizzare incontri tra lettori negli anni successivi. Nei trent’anni di pubblicazione della rivista, Bungaku inventò anche il termine yurizoku per la comunità lesbica, istituendo una rubrica tutta per loro.

Ma se le rose e i gigli sono i fiori associati alla comunità queer giapponese più di recente, nel primo ‘900 ci sono stati gli Hana monogatari, I Racconti dei fiori di Nobuko Yoshiya: 52 storie riguardanti amicizie romantiche tra studentesse che divennero molto famosi e crearono il genere letterario degli shojo. Questa categoria, pensata per un pubblico di giovani donne, ha dato vita a Piccoli problemi di cuore o anche Sailor Moon, ed è molto legato al genere yaoi, il Boy’s love, che racconta storie idealizzate e romantiche tra giovani uomini omosessuali, ma per un pubblico di donne.

PER APPROFONDIRE:

Loris Usai, Trent’anni di Barazoku. Il ruolo della rivista nella formazione di una comunità omosessuale in Giappone. Asterisco edizioni

Immagine in evidenza: longtake.it