Nijan Ravi ha 28 anni ed è nato a Palermo, ma è cresciuto a Reggio Emilia trasferendosi a Bologna per studiare Fumetto e Illustrazione all’Accademia di Belle Arti. Da qualche anno fa attivismo nel gruppo giovani del Cassero, e alla Falla l’abbiamo conosciuto proprio grazie alle sue grafiche. É attratto da ogni forma di creatività, dalle arti visive, ma anche dalla musica e dai mezzi multimediali come video e foto in cui si diletta per hobby.

Hai avuto una vita molto variegata anche se sei ancora sotto i famigerati trenta!

Sì, in realtà ho già l’ansia dei 30 anni – ma in realtà forse ho l’ansia e basta. Ho vissuto già in tre città diverse in Italia, in più i miei genitori sono dello Sri Lanka, quindi ho origini etniche Tamil. Ci sono molte identità in me: mi piace molto la pizza da classico italiano, ma anche il riso con il curry da bravo figlio di mamma, e per finire sono anche un uomo gay e un artista.

Anche per questo mix di provenienze ti abbiamo affidato una riflessione sul tema della discriminazione razziale per il mese di marzo, in cui ci sono molte giornate mondiali dedicate al tema. Ne sei uscito unendo leggerezza a una critica pertinente agli stereotipi che permeano purtroppo anche la comunità LGBTQ+, come ti è venuta?

Essendo io sia Brown (anche se in italia si usa per tuttə l’espressione “Neri”, cosa per me non molto sensata in quanto ci sono tantissime differenze tra le persone BIPOC – black indigenous people of colour) che queer, volevo portare in primis la mia esperienza di doppia discriminazione che spesso si accavalla o connette. Sono partito dal pensare a tutte quelle volte che banalmente sulle app di dating o nella realtà, ho letto oppure sentito dire: “No neri, No asiatici”, “Da dove vieni? No, intendo per davvero…”, “Ho sempre avuto un fetish per i neri”, “Scommetto che ce l’hai grosso” e via dicendo. Tutte queste microaggressioni sono all’ordine del giorno per le persone razzializzate, anche queer. Nel mio caso mi fanno sentire spesso in una box confezionata e sigillata da dove spesso non riesco a uscire, appiattendo totalmente chi e cosa sono davvero: una persona con le sue sfumature e il suo mondo interiore, niente di più o di meno. Da qui mi sono ricollegato alle bambole di Barbie, simbolo anche del processo di standardizzazione della bellezza (eurocentrica), solo che al posto di “Ken”, ovvero il nome della bambola, ho scritto “BBC” per l’espressione “Big Black Cock”, un fetish razziale stereotipato, per appiattire anche la bambola stessa ad un uso prettamente sessuale.

Abbiamo parlato di questa omologazione anche nel processo di elaborazione del poster, scoprendo aspetti delle discriminazioni verso le persone BIPOC che non conoscevamo. Quali sono le problematiche legate alla discriminazione razziale che secondo te sono più ignorate o su cui la consapevolezza è meno diffusa in Italia?

Il razzismo è un tema complesso e riguarda le relazioni tra persone bianche e non, quanto quelle all’interno delle comunità razzializzate. Non si tratta di colore della pelle ma di ideologie: una persona di etnia mista può essere comunque discriminata da una parte perché non è “totalmente o abbastanza bianca” e contemporaneamente dall’altra perché “non totalmente o abbastanza nera”. Il colorismo è forse poco conosciuto ancora in Italia, anche perché si usano solo due categorie per chiunque: neri, pensando subito solo alle persone afrodiscendenti, o asiatici, pensando invece alla comunità cinese. Non si pensa si possa essere entrambi (come nel mio caso), e a volte si ha paura a dire “persona nera”, mentre a me suona molto più strano persona non bianca perché presuppone la bianchezza come normalità. Il colorismo determina bellezza, salute, benessere economico, società e tanto altro solo in base a quanto bianca o nera sia la persona. Mentre crescevo spesso mi sono sentito dire da varie persone che non potevo definirmi nero proprio perché in Italia si pensa di riferirsi solo alle persone afrodiscendenti con questo termine. Proprio perché mancano termini per la comunità BIPOC italiana, non avevo e non ho tutt’ora qualcosa che possa rappresentare il mio essere Brown, che in inglese ha tutto un suo significato. Allo stesso tempo, però, ero e sono parte della comunità razzializzata, e in quanto tale subisco le discriminazioni relative. Per chi vuole approfondire le questioni legate al razzismo in Italia, consiglio l’articolo e il libro L’unica persona nera nella stanza di Nadeesha Uyangoda, mentre consiglio in modo più generale alle persone bianche Perchè non parlo più di razzismo con le persone bianche di Reni Eddo-Lodje.

Per tornare alla leggerezza: il tuo riferimento a Ken ha riaperto il mio amore per Barbie, e il tema del mese mi ha fatto pensare a Wicked, quindi qual è il tuo preferito tra i due? E hai una canzone preferita?

Ovviamente ho visto sia Barbie che Wicked, amati entrambi. L’umorismo e l’estetica mista alle questioni femministe di Barbie mi piacciono particolarmente, e la canzone di Billie Eilish What Was I Mad For? mi commuove ogni volta. Essendo io un Fanboy dei musical, però, purtroppo devo decretare vincitore Wicked nel mio cuore, tanto che ho cercato di riprenderlo nel poster: visto che il colore del mese era il verde ho disegnato la bambola per renderla proprio come Elphaba, interpretata da Cynthia Erivo, un’attrice black che aggiunge un sottotesto razziale al suo ruolo di icona queer. Dal musical non posso scegliere una sola canzone, ma la mia strofa preferita è in No One Mourns the Wicked:

[…] And goodness knows the wicked’s lives are lonely
Goodness knows the wicked die alone
It just shows when you’re wicked, you’re left only
On your own. […]