In occasione della Giornata mondiale della lotta all’AIDS 2024, Silver torna a parlare di HIV e AIDS realizzando il poster di dicembre della Falla. Pseudonimo di Guido Silvestri, nato a Carpi nel ’52, è padre del celebre Lupo Alberto, personaggio ironico con il quale nella sua lunga storia ha spesso preso parte a campagne di promozione sociale collaborando tra le altre con Telefono Amico, Legambiente contro l’inquinamento dei fiumi, Emergency contro le mine antiuomo e, più di recente, con il Cnr contro la disinformazione all’epoca di internet sul Covid-19.
I dati di UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV/AIDS) sul 2023 riportano miglioramenti in ambito scientifico e sanitario ma investimenti insufficienti da parte delle istituzioni. Raccontaci invece come Lupo Alberto ha cominciato a trattare di HIV e AIDS.
Nel ’91 il Ministero della Sanità lanciò una campagna imponente sul tema della prevenzione e Come ti frego il virus! che illustrai ne fu una piccola parte. L’opuscolo era pensato per arrivare aə giovani in luoghi di ritrovo come locali, palestre e discoteche, non per le scuole: ci finì invece grazie a presidi e docenti illuminatə, e fu scandalo tra la stampa cattolica e l’allora ministro della Pubblica Istruzione Riccardo Misasi. In alcuni istituti si proibirono addirittura i diari e quaderni di Lupo Alberto. Ci fu un’interrogazione parlamentare, trattare di pratiche sessuali e preservativi nelle classi era tabù. I media provarono a montare il caso, perché parlare di AIDS attirava il grande pubblico su temi scabrosi di sesso e morte, ma mi rifiutai di alimentarlo prendendo parte ai talk. Ho incontrato invece ə ragazzə in altri spazi, in manifestazioni, in molti circoli ARCI e si sono sempre mostratə apertə a parlare di prevenzione: ho ricevuto messaggi di stima da madri e padri che magari all’epoca provavano imbarazzo ad affrontare queste tematiche, e ancora oggi incontro persone adulte che mi raccontano che se nella loro vita sessuale hanno fatto più attenzione è stato anche grazie a Lupo Alberto.
La recente risoluzione Sasso vuole ostacolare l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole con lo spauracchio del gender. Come possiamo continuare a educare e affrontare il tema della prevenzione?
Agli inizi degli anni 2000 collaborai a un’altra iniziativa pubblica sul tema AIDS, più incentrata su Roma. Poi nulla, a livello ministeriale non se n’è più parlato, come se il virus fosse sparito. Ecco allora il tema del poster, l’HIV non è mai andato via anche se non se ne parla più come negli anni ’90. Certo, di AIDS non si muore più e la scienza ha fatto molti passi avanti con farmaci e terapie. Ma in Italia a scuola continua a non esserci l’educazione sessuale, e anzi la soluzione a tutto sembra essere la repressione. Ci ritroviamo con movimenti e campagne che sembrano venire dal passato per fare diseducazione su diritti già acquisiti come l’aborto. Io non sono uno scienziato, ho sempre parlato di queste tematiche come comunicatore, e quando si progettano campagne mirate bisogna anzitutto chiedersi “qual è il mio target?”. Penso che il fumetto sia il linguaggio più semplice e comprensibile per parlare alle giovani generazioni e continuerò a farlo con le mie strisce. Un altro tema che mi piacerebbe trattare in futuro è quello della salute mentale, dell’ansia e della depressione.
Una chicca: tra le prime strisce di Lupo Alberto comparve anche una piccola Stonewall.
Quelle tavole sono molto precedenti all’opuscolo sull’HIV. Era il ’77 ed ero nel pieno della mia crescita professionale, Lupo Alberto era nato appena tre anni prima. A Bologna scoppiavano le rivolte də studenti e c’era gran fermento nelle piazze, e tra i tanti diritti che si chiedevano c’erano anche quelli delle persone omosessuali. Io ero rinchiuso nel mio studio modenese a produrre vignette su vignette e seguivo le notizie da radio Alice e da quello che mi raccontavano ə amicə: «stanno occupando i palazzi», «mi arrivano i fumogeni fino in casa» e via così. Mi sentivo impotente, così nacquero quelle strisce dove Enrico la Talpa, da marito e uomo comune, dichiara di essere gay e organizza una parata nella fattoria al grido di “checca è bello!” sconvolgendo i benpensanti. L’editore pubblicò quelle vignette senza fare storie ed ebbero un discreto successo: ho mantenuto per tutta la vita il privilegio di essere libero e parlare di tutto quello che volevo.
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