Alec Trenta è nato a Roma e studia progettazione grafica e comunicazione visiva all’ISIA di Urbino. Nel 2022 ha pubblicato con la casa editrice Laterza Barba. Storia di come sono nato due volte, il suo primo fumetto, in cui attraverso un alter ego racconta la sua identità e il suo percorso di transizione. Collabora con la Stampa e con Domani Fumetti, raccontando storie illustrate.

Il tema del poster di questo mese è legato all’IDAHOBIT, la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia, e all’idea di celebrare le diverse identità. Da dove sei partito per sviluppare il tema?

La prima idea che mi è venuta è stata di rappresentare il mio corpo. Penso che mettere su carta, senza parole, un corpo che magari alcune persone non immaginano neanche esista, sia un messaggio molto forte. Esisto e basta, anche di fronte al gesto più violento, non smetto di farlo perché mi si dice che questa cosa non va bene. L’idea è stata poi di collocare questo corpo in un grande cespuglio, in mezzo alle piante, perché è un corpo che crea vita intorno a sé e che protegge.

Che influenza ha avuto sul tuo stile studiare videomaking prima e grafica poi?

Ho studiato videomaking a Roma per 3 anni e facevo principalmente montaggio. Questo mi ha senz’altro aiutato, dal punto di vista narrativo, a capire come si costruisce una storia. Quando ho iniziato a scrivere Barba non avevo mai fatto corsi di grafica e ho sentito la necessità di saperne di più, anche banalmente su che tipo di carta stessi usando o su come poter sperimentare un po’. Anche solo vedere lavori di persone che studiano grafica come me mi sta influenzando, noto che il mio occhio sta cambiando. Adesso devo studiare e approfondire tantissimo, ma penso che sarà così per tutta la vita, perché non penso ad altro.

Come hai iniziato a parlare di identità trans e della tua storia con questo mezzo espressivo?

Io sono cresciuto a pane e fumetti, è il linguaggio a me più vicino. La lettura di un fumetto non è come quella di un libro, è una lettura divertente e a volte più complessa. Mi sono detto: «Adesso userò il fumetto per raccontare meglio tutto quello che è stato». Mentre scrivevo Barba ero in procinto di iniziare la terapia ormonale, venivo fuori da un turbinio di situazioni che per una mia esigenza sentivo di dover raccontare, anche per avere un po’ meno fifa! Solo dopo è arrivata Laterza, che mi ha proposto di pubblicare: lì è nata la necessità di inserire delle spiegazioni e parlare di cosa siano l’identità di genere, l’orientamento sessuale e altri temi. Certo, è impossibile spiegare l’essere umano in un fumetto, quindi l’intento era di lasciare delle piccole nozioni iniziali.

Visto che la tua illustrazione è ricca di piante, hai una pianta o un fiore preferito?

Cavolo, a casa siamo pieni di piante, ma non sono un grande esperto! Sicuramente mi piacciono molto i bonsai.