Addentrarsi nel territorio del fiabesco è un’esperienza che può rivelarsi tanto avvincente quanto complessa, data la poligenetica natura del folklore e l’onnipresenza dei racconti popolari come prima unità narrativa a ogni latitudine del globo. Le fiabe venivano trasmesse di generazione in generazione prima oralmente e, solo a partire dal XVII secolo con Lo Cunto de li Cunti del napoletano Giambattista Basile, cristallizzate nella forma scritta, con l’intento principale di costruire dei modelli socio-comportamentali ai quali la comunità dovesse aderire, pena l’esclusione dalla comunità stessa all’interno della quale il mito o la leggenda venivano concepiti. Il viaggio dell’eroe, la prova da affrontare, costituiscono per il giovane membro di una comunità nient’altro se non un rito di passaggio, un atto iniziatico attraverso il quale accedere alla vita adulta.
Sono le fiabe stesse ad aver contribuito, dunque, a veicolare dei ruoli sociali e di genere ben definiti. Se, infatti, il viaggio dell’eroe costituisce un’opportunità di acquisire esperienze per l’eroe maschile, le soggettività femminili devono aderire ai dogmi della comunità, rifiutando ogni forma di ribellione. Nel fiabesco non c’è margine di tolleranza né per le soggettività altre né per la fuoriuscita dagli schemi eteronormativi all’interno dei quali i personaggi vengono concepiti.
Fortunatamente, come in ogni sistema chiuso che si rispetti, esistono forme di ribellione interne, che sono pur sempre limitate dalle logiche normative che innescano la narrazione. Ecco dunque come il crossdressing, ovvero il travestitismo in abiti di un genere altro rispetto a quello attribuito alla nascita, garantisce a Fantaghirò – fiaba della tradizione toscana recuperata da Italo Calvino – di non rimanere circoscritta alla condizione di passività principesca nella quale suo padre, il re, la confina, bensì le conferisce l’opportunità di prendere le armi e salvare il regno paterno. Ciononostante, alla fine della narrazione, per rientrare nei confini della norma, a Fantaghirò spetta l’amaro compito di fare la brava ragazza e di tornare a vestirsi da femmina, finendola con questa buffonata da teenager anarchica che si veste da maschio, sposando il principe del regno rivale e garantendo con l’unione coniugale la pace nei regni fatati.
A partire dagli anni ’70 gli studi queer, la critica transfemminista e il postmodernismo hanno dato il via, di pari passo con le filosofie post-strutturaliste, a un processo di Re-vision, termine coniato dalla poeta lesbica americana Adrienne Rich nel suo saggio When We Dead Awaken: Writing as Re-Vision, riferendosi all’atto di guardare alla tradizione e al canone letterario con occhi nuovi, promuovendo un riutilizzo dei modelli del passato alla luce delle nuove consapevolezze acquisite dagli studi culturali. Il superamento dei modelli sociali del passato, inclusi quelli del fiabesco, ha dato il via a una serie di voci autoriali che hanno recuperato la tradizione, e ne hanno sottolineato le criticità, come la violenza di genere, l’oppressione, le forme di resistenza. C’è un’espressione, utilizzata da una delle più importanti autrici del postmodernismo, nonché una delle più influenti esponenti del revisionismo del fiabesco, la scrittrice britannica Angela Carter, che nel saggio Notes from the Front Line sintetizza la spinta motrice con l’atto di «putting old wine in new bottles», mettere vino vecchio in bottiglie nuove. Carter discute il suo approccio alla scrittura e alla narrativa, esplorando come le storie tradizionali possano essere rivisitate e trasformate per riflettere nuove idee e prospettive. L’idea centrale è che, pur cambiando la presentazione esteriore, le storie fondamentali e i loro temi possono rimanere invariati, ma assumere nuove forme e significati nel contesto contemporaneo.
È Carter stessa, infatti, nel 1979, a pubblicare una raccolta di racconti che la renderà celebre, dal titolo The Bloody Chamber, dove riprende fiabe rese celebri dalla tradizione francese di Perrault, come la fiaba di Barbablù e della Bella Addormentata, e restituisce soggettività alle protagoniste, indagandone la passività e la consapevolezza della propria sessualità. Con Carter, avrà inizio la cosiddetta “Angela Carter generation”, che lascia spazio a nuove declinazioni dei motivi fiabeschi.
Ecco elencati alcuni esempi di opere in cui il fiabesco trova una veste rinnovata:
• Bluebeard’s Egg di Margaret Atwood (1983)
In questa raccolta di racconti, il titolo fa riferimento alla fiaba di Barbablù. Atwood esplora le dinamiche di potere all’interno delle relazioni di coppia, spesso con un tocco ironico e una profondità psicologica che sovverte le aspettative tradizionali dei ruoli di genere.
• Un cigno selvatico di Michael Cunningham (2015)
Questa raccolta di racconti dell’autore Premio Pulitzer di Le ore offre riscritture contemporanee di fiabe classiche come Il brutto anatroccolo, Hansel e Gretel e La bella addormentata, esplorando i lati oscuri e complessi dei personaggi, spesso aggiungendo elementi moderni e queer che sovvertono le narrazioni originali, come quella dell’ultimo cigno selvatico, vittima di una metamorfosi incompiuta che lo fa rimanere a metà strada tra l’umano e l’animale.
• Snow, Glass, Apples di Neil Gaiman (1994)
In questa breve storia illustrata magistralmente, Gaiman reinterpreta Biancaneve dal punto di vista della matrigna cattiva, trasformando Biancaneve in una figura vampirica e criticando la rivalità femminile costruita sull’ideale fragile della bellezza, sovvertendo la dicotomia buono/cattivo e introducendo elementi gotici e horror.
• La regina nel bosco di Neil Gaiman (2014)
Questa novella, impreziosita dai disegni di Chris Riddell, fonde elementi di Biancaneve e La bella addormentata in una storia unica e sovversiva dove la regina, che assume il ruolo dell’eroina viaggiante, parte per salvare una principessa addormentata, sfidando i ruoli di genere tradizionali e introducendo una sottile tensione queer.
• E alla fine muoiono di Lou Lubie (2023)
Con irriverenza e arguzia, la francese Lubie attinge da antropologia, sociologia, critica femminista e teorie queer, mostrandoci il sottobosco grottesco e macabro da cui hanno origine le fiabe. Uno dei lavori più intelligenti e interessanti del mondo del fumetto mai prodotti sul tema.La continua evoluzione del fiabesco, pertanto, riflette le trasformazioni della nostra società e la necessità di dare voce a tutte le identità. Le storie, vecchie o nuove, hanno il potere di influenzare le percezioni e i comportamenti, e attraverso l’atto politico della riscrittura possiamo pretendere e ambire a un controcanone letterario inclusivo, che lasci spazio a modelli caratteriali nuovi e che dia voce finalmente alle soggettività confinate nel margine ed estromesse dalla norma. La tradizione fiabesca, quindi, non va pensata come un museo statico, un giardino di sudditi dormienti assuefatti dal sortilegio della strega, ma piuttosto come un laboratorio dinamico, dove passato e presente si incontrano, producendo spazi e deflagrazioni nuove per il futuro.
Immagine in evidenza: film.it
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