Andrea Viceré, Elena Cita, Maddalena Beghini del gruppo Mercury LGBTQIA+ parte della rete Tumulto Pride

Tumulto Pride è stata un’esperienza che porteremo nel cuore a lungo. È stata una scossa, un abbraccio, un atto di audacia e di gioia collettiva.

È stato un percorso difficile, in cui l’entusiasmo generale è stato intervallato dallo sconforto degli scontri, sia interni che esterni. Eppure, tutti gli sforzi sono stati ricompensati. È l’immenso lavoro teorico che diventa tangibile, concreto, non solo tra le strade, ma tra le persone. Sono le discussioni che trovano un nuovo senso, trasformandosi da dibattiti a dialoghi. Sono le riunioni, stipate in quello spazio che diventava immenso, allargato dalle nostre vedute e dalla nostra progettualità. Uno spazio che ha accolto sempre più persone, sempre più idee, fino a far cadere le pareti e trovarci in strada, tutt* insieme. E per questo ci siamo impegnatә a costruire un corteo che fosse accessibile e inclusivo per tuttә.

Paola Cherubini

Tumulto non è solo il nome del Pride, ma di un percorso che vuole proporsi anche a livello nazionale. Il giorno prima di partire col corteo abbiamo indetto un’assemblea nazionale, in cui è iniziata la creazione di una rete come risposta necessaria al clima d’odio crescente nel nostro Paese. 

In una città tradizionalista e reazionaria come Verona, Tumulto Pride è stato in grado di richiamare in piazza la collettività in modo intersezionale, in una marea di passi che hanno fatto vibrare le strade della città, guidate da un culo al vento. 

Tumulto Pride, nella sua forza trasformativa, è stato in grado di concentrare lotte intersezionali in un Manifesto impatrocinabile, che sarebbe poi diventato grido di battaglia. Un Manifesto che non lascia indietro nessunә e che punta i riflettori sul genocidio del popolo palestinese che viene portato avanti dallo stato illegittimo di Israele, sotto gli occhi del mondo. 

Tornando indietro rifaremmo tutto. Guardando avanti, vediamo il Tumulto.

Immagine in evidenza: Giulia Julies Menaspà