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L’8 marzo 1972 è il primo in piazza chiamato dal Pompeo Magno, il collettivo femminista romano. In una fotografia della giornata, un’attivista trentenne, sola, regge un cartello che recita «Liberazione omosessuale». Si chiama Mariasilvia Spolato e il suo «È il primo atto di visibilità omosessuale in una piazza italiana». Nata a Padova nel 1935, si trasferisce a Roma dov’è tra le fondatrici del F.u.o.r.i. e al contempo una militante femminista. La fotografia che la ritrae finisce su Panorama e causa il suo licenziamento dalla scuola statale dove insegna matematica.

Una dolorosa parabola, cominciata con la discriminazione sul lavoro, la vede perdere la compagna, la lucidità mentale, la casa e la rete sociale e politica in cui militava. Negli ultimi anni della sua vita viene accolta in casa di riposo a Bolzano, dove si spegne nell’ottobre del 2018. Lascia un libro sul movimento di liberazione omosessuale e il suo coraggio, la sua urgenza di dirsi lesbica e un Paese che, dopo di lei, non è più stato lo stesso.

Pubblicato sul numero 46 della Falla, giugno 2019

Immagine realizzata da Riccardo Pittioni