FRAMMENTI DI UN ORLANDO IN POTENZA

Christine & the Queens: è questo il nome scelto da Héloïse Letissier al momento dell’uscita del suo secondo album Chris (2018). Più corto, più efficace, più ambiguo. Un punto d’arrivo nel flusso di un’evoluzione costante.

Trent’anni, capelli corti, mascella squadrata e fisico androgino, Chris pare ora aver preso coscienza di chi sta diventando, ma non ha paura di confrontarsi con un cambiamento continuo. Sembra, anzi, che la metamorfosi coincida con la sua essenza, come afferma nel suo articolo-diario Fragments of an Autoportrait per la rivista francese Egoïste: il suo orizzonte è l’Orlando di Virginia Woolf, il suo continuo ondeggiare tra i generi, tra le epoche.

Da dove nasce questa attrazione per l’ambiguo, la trasformazione, il non definito?

A Soho, Londra, in un club dietro Piccadilly. Lì, al Madame Jojo’s, la ventenne di Lione ha incontrato le (drag) Queens che le daranno la spinta necessaria per pensare il personaggio di Christine. È attraverso i loro glitter, in quei movimenti così provocanti, nei loro sketch glam rock dal gusto irriverente e sensuale che Heloïse riesce a intravedere come il dolore e una situazione difficile possano portare alla scoperta di sé, alla trasformazione della sofferenza in puro spettacolo. Si era ritrovata là per caso, nel 2010, nel corso di una fuga a Londra in un periodo buio, dopo la sua uscita dal Conservatorio di Arte Drammatica di Lione perché non le avevano permesso di ricoprire il ruolo di regista per “misoginia”. Arrabbiata e depressa era finita a Soho a contemplare The Fabulous Russella e le sue amiche che, con una serata a base di rock e cucina, avevano suscitato in lei un sorriso e molta ammirazione. Colpita soprattutto dalla loro energia, le era venuta voglia di osare di più, di essere a sua volta audace. Non riusciva a vedersi nei panni di una drag queen, ma in quelli di un drag king? Doveva trovare una soluzione di questo genere, qualcosa che fosse altrettanto catartico e impattante: Christine.

Christine applica l’ambiguità, scelta come tratto caratterizzante, a tutti gli ambiti che riguardano il suo personaggio, a partire dalla musica: è un insieme di indie, electro e pop, sperimentato grazie ad abbinamenti arrangiati di synth di software come GarageBand, scelta che, tra l’altro, l’ha resa vittima di numerose accuse di plagio. Lo stesso protendere verso qualcosa di fluido e non definito viene riproposto anche nelle sue performance live: è con un insieme di musica, danza e movimenti derivati da tecniche teatrali, infatti, che si presenta al suo pubblico. E ancora: Christine non si è limitata alla sua lingua madre, ma ha deciso di produrre il suo ultimo album in due CD, uno in francese e l’altro in inglese.

Ambiguità dal punto di vista artistico, ma non solo: anche per quanto riguarda la sua vita personale, Heloïse non lascia spazio a confessioni nette e immutabili. Nel 2016, in un’intervista rilasciata per Yagg, una delle più importanti riviste online del mondo LGBT+  francese, quando le viene chiesto in che modo definisca il suo genere, afferma: “Je révendique le droit de ne pas se définir” e poi “le but serais que je me définisse par rapport à Christine” (“Rivendico il diritto di non definirmi. […] L’obiettivo sarebbe quello di potermi definire soltanto in rapporto a Christine”). Due anni dopo, nel suo Self-portrait, fa un passo avanti, proclamando il suo erotismo come l’unico mezzo per scardinare i limiti imposti dal genere: “My eroticism is precisely what sets me free of those skimpy limits, this gender I’m assigned to; I desired them all, but never with the same sex” (“il mio erotismo è precisamente ciò che mi libera da quei limiti striminziti, questo genere a cui sono assegnata; li desidero tutti, ma mai con lo stesso sesso”).

È questo atteggiamento, quello di una figura in lotta contro le barriere, forte ma allo stesso tempo sensibile, che traspare dalle canzoni dell’ultimo album, Chris appunto.

pubblicato sul numero 42 della Falla, febbraio 2019