IL MANGA EROTICO GAY SCRITTO DA RAGAZZE, PER RAGAZZE

È il 1976 e negli Usa è in vigore il Comics Code of Authority, che obbliga gli editori ad autocensurarsi per essere distribuiti. Le storie sono quindi allineate a una morale cristiana che vieta sessualità, violenza e mostri.

Nello stesso anno, in Giappone viene pubblicato qualcosa di impensabile per gli americani: Il Poema del Vento e degli Alberi, manga che segnerà il mercato del fumetto nipponico e globale. Vi sono rappresentati per la prima volta atti sessuali tra due ragazzi in una relazione affettiva. Come in tante storie a tematica LGBT+, la loro relazione finisce tutt’altro che bene: anche nei manga, l’omoerotismo tra giovani, bellissimi ragazzi, ci ha messo una ventina d’anni a sganciarsi da esiti inevitabilmente drammatici.

La mentalità giapponese riconosce la validità di qualcosa solo è se parte di una categoria. E quindi, con l’aumento della richiesta di manga a tematica gay, Il Poema viene riconosciuto come il capostipite del genere shōnen’ai, in cui sentimenti ed erotismo omosessuale sono indissolubilmente intrecciati, mentre nello Yaoi l’attenzione è più focalizzata sul sesso e sul mostrare atti sessuali espliciti, pur essendo comunque presente, nella maggior parte dei casi, anche la parte emotiva. Il loro pubblico di riferimento è composto da donne etero e sono pensati e disegnati dalle stesse, a differenza dei Bara, creati da uomini gay per uomini gay, che se ne allontanano per stile e rappresentazione virile dei personaggi.

Il termine Yaoi nasce da un acronimo la cui traduzione è: «nessun climax, epilogo o significato». Un’origine alternativa (e falsa) del termine è: «Fermati, mi fa male il sedere», popolare tra le appassionate del genere, in quanto riprende una battuta spesso presente nei dialoghi. Si evidenzia così uno degli aspetti problematici di questo genere, presente già dagli anni ‘70 e mai davvero abbandonato: lo stupro viene romanticizzato e l’aggressione sessuale è considerata una dimostrazione d’amore giustificata da un consenso solo supposto, e mai esplicito, da parte della vittima. Anche l’aspetto sentimentale è discutibile, con l’onnipresente dinamica uke/seme, cioè l’applicazione di stereotipi binari ai due personaggi, così da renderli di fatto una coppia donna/uomo tramite la rappresentazione effeminata del ricevente nell’atto sessuale. Questa dinamica si può accompagnare a relazioni tossiche, comuni anche nella narrazione dell’eterosessualità, in cui uno dei due partner assume un ruolo salvifico, si instaura una simbiosi malata e ogni angheria viene sopportata  con la scusa dell’amore. 

L’idealizzazione dei rapporti tra uomini rispetto a una realtà profondamente omofobica non viene quasi mai affrontata. Alla scarsa consapevolezza delle autrici si aggiunge una forte industrializzazione del loro lavoro, sono perciò ricorrenti fumetti di qualità discutibile.

Non va però demonizzato lo Yaoi in quanto tale o chi ne usufruisce: donne che, tanto per cambiare, vengono screditate con definizioni come fujoshi (ragazza marcia, n.d.T.), ritenute colpevoli di feticizzare le coppie gay, o forse, più in profondità, perché fruiscono di opere che non impongono loro ridicoli standard eterosessisti con cui paragonarsi?

Rivolgersi espressamente al target femminile con un prodotto erotico è lodevole, ma parte della perplessità nasce dalla mancanza di consapevolezza anche delle stesse consumatrici

Nello Yaoi è difficile capire dove finisca la fantasia – aspetto condiviso con il porno di massa –  quando è così facile empatizzare con personaggi che agiscono in modo tossico, specie in giovane età. 

Il confine era più netto in passato, quando gli Yaoi erano facilmente distinguibili dagli shōnen’ai (che pure presentano criticità simili), mentre tutte le sfumature sono oggi comprese sotto la definizione Boy’s love (BL), adottata anche da opere non giapponesi.

Tornando in occidente, va dato merito agli Yaoi di aver influenzato le ultime generazioni di fumettisti LGBT+, che hanno intercettato il bisogno del pubblico di figure positive in cui riconoscersi, inserendole in fumetti online svincolati dalla censura. 

Sono nati numerosi titoli validi e case editrici che prima non affrontavano le tematiche queer ora le includono, permettendo una reciproca influenza tra produzione cartacea e digitale. La consapevolezza del pubblico, anche mainstream, è aumentata, lasciando sperare in una futura maturazione in positivo dei contenuti che ancora oggi risultano problematici.

Pubblicato sul numero 49 della Falla, novembre 2019