di Elisa Manici

“L’amore incondizionato per le donne l’ha condotta per tutta la vita. La felicità e la libertà delle donne erano la sua missione, e l’ha incarnata nella sua esistenza: Luki ha avuto una vita pienissima, tra politica e cultura, ha conosciuto centinaia di donne, ha avuto molti amori, ha viaggiato moltissimo”. A parlare è Elisa Coco, una delle fondatrici delle Comunicattive e, per alcuni anni, sua compagna.

Luki Massa, lesbica, femminista, attivista, instancabile produttrice e divulgatrice di cultura, è morta a 54 anni il sei settembre scorso, lasciando addolorati e spaesati i vari mondi che attraversava e animava con la sua energia: quello lesbico, quello femminista, quello Lgbt+, non solo nella sua città di elezione, Bologna, ma in tutta Italia.

Luki, con l’eclettismo che le consentiva di trasformare le sue passioni in progetti culturali, con le sue mille attività e le mille battaglie, è una figura che lascia un’eredità importante, e che merita quindi di essere conosciuta e storicizzata. La Falla ha ritenuto giusto diffondere la sua storia proprio per contribuire al processo di divulgazione della sua memoria, con il pensiero rivolto soprattutto alle tante persone che per motivi anagrafici non hanno avuto l’occasione di incrociare il proprio cammino con il suo.

Luki è nata in provincia di Catanzaro nel 1962, ma ha trascorso l’infanzia a Baia, nel napoletano, per lasciarla a 18 anni e spostarsi in diverse città. A vent’anni approda a Bologna: siamo nel 1982, e Luki partecipa all’occupazione del Cassero con il collettivo lesbico Tiaso. L’anno successivo organizza uno dei primi convegni nazionali di donne lesbiche. In quegli anni è tra le prime in Italia a praticare autodifesa femminista, trasmessa da donna a donna: lei l’ha conosciuta grazie all’incontro con donne di altri Paesi europei, l’ha portata a Bologna e l’ha diffusa a molte.

Gli anni ’90 sono segnati da due esperienze in particolare: le Settimane lesbiche, con le due edizioni del 1991 e 1996, e il festival di cinema lesbico Immaginaria, per cui ha lavorato dal 1995, l’anno della sua prima edizione, al 2001, quando alcuni conflitti politici sull’organizzazione portano lei e altre sue compagne a uscire dall’associazione Visibilia, che produceva il festival, e a fondare, nello stesso anno Fuoricampo Lesbian Group.

Se con le esperienze degli anni ’90 si era fatta le ossa sull’organizzazione di eventi, imparando da autodidatta tutto quanto poteva servire (fare da ufficio stampa, la grafica, la selezione dei film, le mostre, etc), è con le Fuoricampo che il mix tra cultura e politica esplode.

Le cene mensili delle Fuoricampo sono rimaste nella memoria di molte come luoghi separati di donne, occasioni di incontro, in cui costruire amicizie, amori, collaborazioni politiche. Un’altra iniziativa che coglie nel segno è il convegno del 2006 sulla poeta e scrittrice afroamericana Audre Lorde, un mito per generazioni di lesbiche, che verrà tradotta in italiano solo nel 2015.

Le Fuoricampo, sempre capitanate da Luki, leader carismatica ma che al contempo lavora sempre in gruppo, disponibile a fare qualunque cosa di cui ci sia bisogno, non solo partecipano, ma organizzano una miriade di battaglie che si svolgono su un terreno più prettamente politico. Vale la pena di ricordare il coordinamento Facciamo Breccia, contro le ingerenze del Vaticano nella politica e nella vita del nostro Paese, un’esperienza che dura dal 2006 al 2013, con una manifestazione nazionale realizzata a Roma nel 2007 e diverse manifestazioni locali, e che porta Luki ad affiancare progressivamente il separatismo con una pratica di movimento mista, dato che ne facevano parte realtà di tutti i tipi. Le Fuoricampo prendono parte a tutte le esperienze lesbo-femministe che si succedono a Bologna: la Rete delle donne; Unite, diverse, libere (il rimedio bolognese al pasticcio moralista di Snoq); lo Sciopero delle donne; Quelle che non ci stanno, che si concentra sulla violenza contro le donne e le lesbiche. Luki si presenta come capolista alle elezioni comunali del 2009, per la lista di sole donne Altra città: non viene eletta, ma la campagna elettorale, per lei, resta comunque un’esperienza entusiasmante.

La creatura più famosa di Luki è il festival di cinema lesbico Some prefer cake, nato come festival di corti alla festa de L’Unità nel 2007, e che dal 2010 diventa un festival anche di lungometraggi, negli spazi del Nuovo Cinema Nosadella. “Luki era incontenibile – racconta Elisa Coco. SPC si poneva come festival di cinema con tutti i crismi, aveva la giuria, il premio del pubblico, etc., ma al suo interno c’era di tutto: mostre, presentazioni di libri, conferenze, installazioni artistiche, dj set e feste. SPC – prosegue Elisa – era diventato un momento di incontro per le lesbiche di tutta Italia: c’era una carica emozionale potentissima, questo per me è eccezionale”.

Dal 2008 al 2013, all’impegno di SPC, si affianca, per Luki, quello della direzione artistica del festival di cinema trans Divergenti, prodotto dal Mit, ideato e costruito insieme a Marcella Di Folco e Porpora Marcasciano, unite dal desiderio di distruggere una serie di stereotipi negativi che gravano sulle persone T, utilizzando la cultura come strumento di cambiamento sociale.

Marcella è la protagonista di Felliniana, documentario con la regia di Luki insieme a Simone Cangelosi, presentato nel 2010, pochi mesi prima della morte della presidente del Mit. Non è l’unico prodotto che vede Luki in veste di regista: inizia nel 1999 con il corto Rapido finale con passione, che gira per i festival Lgbt+ di tutto il mondo, ma ci sono anche Que sera, sera (2003) e Split (2007).

Nel 2014 arriva la malattia. L’esperienza che lei e le sue amiche e compagne fanno di questo male, purtroppo incurabile, ha un risvolto politico, oltre che umano, molto radicale. “Intorno a Luki – spiega Elisa – c’è stata una rete di cura, costituita da quelle che erano le donne della sua vita, che non solo è fuori dal modello di famiglia eterosessuale, ma anche da quello gay e lesbico normalizzato. Per lei – continua – anche quando una relazione sentimentale finiva, l’amore, la condivisione e la cura sono sempre rimasti con tutte le donne con cui ha avuto storie importanti. Io, Marta, Isabel, Ida e Jacqueline avevamo già relazioni d’affetto, che sono diventate la sua rete di cura quando è stata male. Luki si è affidata completamente al nostro amore, ed è stata sempre serena, anche quando ha perso progressivamente le funzioni cognitive: ha sentito che tutto ciò che aveva costruito in una vita era lì per lei”.

La cerimonia di saluto, che si è svolta il 9 settembre scorso, è stata una festa: “Volevamo che non fosse un funerale, ma un momento di incontro per le donne, nello spirito con cui lei ha vissuto tutta la sua vita. È stato faticoso, ma si è creata, anche in questa circostanza, una rete bellissima. Luki diceva: quando ci mettiamo a lavorare insieme facciamo delle cose spettacolari. Ecco – conclude Elisa – questo me lo ha insegnato davvero”.

pubblicato sul numero 18 della Falla – ottobre 2016