«Caro Sindaco, lasciaci innalzare un monumento ai partigiani, agli omosessuali e a tutte le vittime del nazifascismo». È il 22 Aprile 1989 e sulle pagine di Repubblica e di altre testate nazionali si comincia a parlare della lettera indirizzata dall’allora presidente Arcigay Franco Grillini al sindaco di Bologna Renzo Imbeni, dove si richiedeva la realizzazione di un monumento per i perseguitati omosessuali durante il periodo nazifascista. E nei giorni che precedono il 44° anniversario della Liberazione (Aprile 1989), sui quotidiani locali e nazionali si legge della presunta «stele dei gay», dei triangoli rosa e delle persecuzioni naziste nei confronti degli omosessuali. In realtà la proposta era stata già avanzata un anno prima e approvata dal Consiglio Comunale, tanto che lo stesso Imbeni durante le celebrazioni del 25 Aprile in Piazza Maggiore ricorda l’impegno già preso dall’amministrazione comunale «perché nessuna vittima deve essere dimenticata».

Lo stesso giorno L’Unità pubblica un articolo di Franco Grillini. L’ex-presidente Arcigay racconta in quelle righe che la realizzazione del monumento non rappresenta solo un mero esercizio della memoria ma un impegno politico in un periodo dove «la perdita di memoria nelle giovani generazioni si intreccia con il cosiddetto “revisionismo storico”, spesso avallato da importanti uomini di Stato per il quale il nazismo fu la risposta alla rivoluzione d’ottobre, mentre il fascismo non fu poi così “brutale” come vorrebbe l’antifascismo storico». In quei mesi, infatti, politici come il primo ministro giapponese Noboru Takeshita e il francese Le Pen sostengono che la seconda guerra mondiale non fosse una «guerra d’oppressione» e che i lager fossero solo un «dettaglio della storia».

È il 25 Aprile 1990 e con l’inaugurazione del «primo triangolo rosa» d’Italia si aprono i festeggiamenti per la Liberazione, presso i giardini di Villa Cassarini di Porta Saragozza, alla presenza di Franco Grillini, del sindaco Renzo Imbeni, del console tedesco Manfred Steinkühler, dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), l’ANPPIA e di un gruppo di circa trecento persone. Il secondo omo-monumento d’Europa, intitolato Assonanze (il primo è ad Amsterdam), realizzato su un progetto dell’artista Corrado Levi e dal collettivo R.O.S.P.O. di Milano, è un grande  triangolo di porfido che ne racchiude uno più piccolo di marmo rosa su cui è incisa in bronzo la dedica: «ALLE VITTIME OMOSESSUALI DEL RAZZISMO NAZIFASCISTA. 25 APRILE 1990. 45° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE».

Un simbolo che racchiude idealmente migliaia di nomi, vittime innocenti del razzismo hitleriano, perché portatori di una diversità, di persone ritenute inferiori e che fino al 1945 furono uccise nei forni crematori, torturate e sottoposte a esperimenti correttivi a cui non sopravvivevano. Un triangolo rosa che però è anche nero, rosso, azzurro, marrone e che rappresenta – come ricorda ancora Grillini – la testimonianza dell’impegno di tre milioni di cittadini omosessuali affinché le tragedie della storia non si ripetano. Da quell’Aprile del ‘90 a oggi in Italia sono stati costruiti altri memoriali a ricordo delle persecuzioni e delle discriminazioni subite. Il 27 gennaio 2005 a Trieste con l’affissione di una targa presso l’ex-forno crematorio della Risiera. A Roma nell’ottobre dello stesso anno viene dedicato un giardino a Paolo Seganti (ucciso nel luglio 2005 perché omosessuale) e alle vittime dell’omofobia. A L’Aquila nel gennaio del 2007 con una piazza dedicata a Karl Heinrich Ulrichs, pioniere del movimento di liberazione sessuale. A Napoli nel maggio del 2011 con una targa e a Torino nel gennaio 2013 con una panchina rosa di forma triangolare di Corrado Levi e conservata presso il Museo Diffuso della Resistenza. Angoli rosa che mantengono il ricordo vivo, ogni giorno.

pubblicato sul numero 21 della Falla – gennaio 2016

foto di Pier Paolo Scarsella