La rassegna cinematografica di Gender Bender 2018 ci porta a scoprire il mondo del balletto in forme che non potevamo immaginare attraverso Rebels on pointe. Da non perdere la replica di mercoledì 1 novembre alle 22.00, al cinema Lumière.

Uomini, in prima, truccati, col tutù: drag sulle punte che seguendo la scia dei moti di Stonewall hanno scelto un genere di protesta del tutto particolare. Rebels on pointe è il primo film documentario a mostrare il dietro le quinte del Ballet Trockadero de Montecarlo, fondato nel 1974, a New York, da Peter Anastos, Natch Taylor e Antony Bassae. Scelto il nome, in omaggio al celebre balletto russo, queste prime pazze misero in scena uno spettacolo sfrontato e spregiudicato, operando la scelta di esibirsi utilizzando nomi che richiamassero il mondo delle drag, come Nadia Domeafavour, Natasha Notgoodenough, Eugenia Repelskii, Tatiana Youbetyabootskaya.  

Quarant’anni dopo la sua nascita, a oltre 500 città e 33 paesi che hanno offerto il palcoscenico alla compagnia, il lungometraggio racconta il Trockadero di oggi ed è fortemente incentrato sulla spinta indentitaria dei componenti, le loro storie e lo scontro con la società che li osserva esibirsi, senza però tralasciare l’aspetto della tecnica e del valore artistico.

Ciò che fanno, racconta Mary Brennan (critico di danza del The Herald Scotland), è usare la loro mascolinità per dire qualcosa sulla femminilità. Le coreografie, che accompagnano le interviste, si distinguono per un’ironia parodistica che sfiora l’esasperazione di posizioni e vicende rappresentate tramite la danza. Apparenti interruzioni, che rompono la finzione narrativa, sottolineano espressioni emotive nella forma di un singolo ballerino, mentre gli altri sono ad esempio in posa, prima che questo riprenda il suo posto e tutto ritorni sui binari dell’esecuzione. L’ex ballerina e coreografa Elena Kunikova racconta: “una delle cose su cui ho lavorato con Trockadero è il modo di mostrare lo spirito della pièce, mostrare ciò che c’è di interessante, in modo da rendere esplicito al pubblico ciò su cui stanno costruendo la comicità. […] Ovviamente usiamo degli strumenti per farlo, uno di quelli chiave è di amplificare, ma farlo è estremamente difficile. Perché la cosa riesca occorre una solidissima precisione tecnica”.

Ogni ballerino che fa parte della compagnia ha lottato per tutta la vita contro discriminazioni e difficoltà. Alcune storie personali di questi artisti attraversano la pellicola, a sottolineare l’importanza di combattere per i propri sogni, come ricorda Raffaele Morra, di origini piemontesi, a un gruppo di giovani studenti di danza. Carlos Hopuy, ad esempio, cresciuto a Cuba, con la madre e la sorellina, non ha mai perso di vista il desiderio di far parte di quella compagnia di cui aveva sentito parlare per le strade, nella speranza di poter stare sulle punte come sognava. Trockadero, racconta, è stato per lui un riscatto dal passato e anche l’occasione di conoscere l’uomo che ha sposato, il ballerino italiano Paolo Cervellera, ex concorrente di Amici, attualmente parte della compagnia.

Sul placo il duplice scopo di essere sé stessi e di lottare, insinuandosi nelle menti di chi osserva, contro discriminazioni e pregiudizi, rende questa compagnia unica nel suo genere e, come sottolinea il direttore artistico Tory Dubrin, l’operato di questi artisti rappresenta, non un’imitazione della danza femminile, ma un forte attacco della mascolinità attraverso il balletto, realizzando qualcosa di aggressivamente evidente.

Un documentario, questo, che introduce a una realtà interessante e ricca di sfumature storiche, politiche, artistiche e umane (malgrado ogni tanto scivoli nel sentimentalismo) che possono raccontare e trasmettere molto del loro portato. Non si potrà non desiderare di vederli dal vivo esibirsi e scherzare, ballare e giocare con la propria, forte, identità. La parte più triste dopotutto, dice un ballerino nel camerino dopo uno show, è togliersi il trucco.

 

 

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