di Irene Moretti

Un giorno, nemmeno troppo lontano, la distesa d’acqua della laguna con la sua miriade di fenicotteri rosa potrebbe essere sovrastata dall’autostrada tirrenica. Quando ciò succederà, perché succederà, gli unici fenicotteri potrebbero essere quelli al neon che sono stati installati in piazza durante le feste. Orbetello come Las Vegas. O Miami.

Sono sei mesi che non torni a casa e sai già che i prossimi giorni dovrai destreggiarti tra le battute da taverna di chi ha come unico modo di affrontare l’omosessualità quello di buttarla sul sesso. Sai che potrebbe andare peggio. E lo sai perché una volta non era così. Il fatto è che nel paese dai vicoli stretti – che stretti lo sono, ma solo in senso metaforico – le voci spesso corrono incontrollate e le cose, anche quelle che ti riguardano, le vieni a sapere dal vociare amplificato dallo scirocco. Quindi capita spesso di apprendere ciò che riguarda la tua vita prima ancora che tu stessa ne sia consapevole.

Per esempio, hai compreso di essere lesbica quando te lo sussurravano tra la piazza e i corridoi della scuola. Sempre dalle voci portate dallo scirocco hai sentito per la prima volta parlare di travestiti, di finocchi, di checche. Un lessico colorito e vario, che tuttavia aveva sempre un filo conduttore: il disprezzo. Al massimo, per i fortunati, essere finocchio nel paese dei vicoli stretti significava diventare una macchietta. Un personaggio. Per le sfortunate, invece, quel lessico è pesato al punto da spingerle ad abbandonare i vicoli stretti per andare a cercare fortuna e una vita migliore nelle metropoli. Hanno trovato la morte. E le voci portate dallo scirocco allora hanno cambiato tenore. Una riabilitazione post mortem di chi da quelle voci era stata costretta a fuggire. I piccoli paesi sono anche e soprattutto questo: l’opinione della comunità cambia spesso direzione, come il leone segna vento sulla torre della piazza, in maniera spesso ipocrita e a volte sincera.

È sempre stato difficile dirlo. Come è difficile dire se questo lutto, tragico, sia stato lo spartiacque tra l’essere frocie prima e l’essere frocie dopo. Secondo il tuo amico M. il cambiamento è avvenuto nel 1999, quando ha rotto il naso a chi sulla via principale gli diede del frocio. Tu non sei d’accordo e i fatti sembrano darti ragione: nemmeno un anno fa sulla vetrina del negozio del tuo amico M. qualcuno ha scritto frogi con un pennarello nero. Quello che ha importanza è, invece, che essere lesbica – o gay o transgender – dichiarata nel 2017 non è più un gran problema nel paese dai vicoli stretti. E anche se ti piace pensare che il merito sia anche un po’ tuo, del tuo essere sempre stata visibile, sai che non è così. Ma le cose sono migliorate, almeno per chi è adulto e vaccinato. Per le scuole non ci giureresti, ma l’anagrafica ti rende difficile avere notizie di prima mano. Puoi solo immaginare. Il numero di frocie dichiarate è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni, ma sono ancora molte le persone che non se la sentono di affrontare un coming out.

La non-comunità LGBT+ maremmana si conosce, ma non ha mai fatto il passo per diventare, appunto, una comunità. Si conoscono, ma eccezion fatta per quell’unica volta l’anno in cui qualcuno organizza una festa a tema, ciascun* resta un’isola. E così anche la possibilità di costruirsi un rapporto, o di vivere un’avventura, sfuma. Si fa labile. E si cerca fortuna e amore altrove. Nemmeno l’estate porta entusiasmo e scorri sconsolata le utenti di Wapa sperando di conoscere qualche bella e interessante romana. Ma niente. Essere lesbica in Maremma nel 2017 magari non sarà poi così male, ma tu hai delle aspettative e ormai sai che la fortuna e l’amore per te sono altrove. Sai che la prossima volta che tornerai nel tuo paese sarà probabilmente ad agosto e sai che non ci saranno belle e interessanti turiste romane a farti vivere avventure estive. Ma ci sarà una piazza o una strada intitolata a Italo Balbo. E forse un’autostrada. Tutti mi dicon Maremma, Maremma, ma a me mi pare una Maremma amara…

pubblicato sul numero 22 della Falla – febbraio 2017

immagine realizzata da Mara Santinello del collettivo Gli Infanti