di Andrea Cioschi

Gaetano Dimauro, classe 1983, è un giovane artista salentino che stupisce per la qualità minuziosa e la perizia tecnica dei suoi disegni. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si è diplomato in tecniche dell’incisione, nel 2012 si trasferisce a Bologna ed espone in mostre personali e collettive.

Il poster che hai realizzato per La Falla riprende l’iconografia classica di San Giorgio e il drago, con alcune significative varianti. Come è nato?

Il confronto tra religione e omosessualità è una lotta molto dura e ancora molto attuale, almeno per quel che riguarda il nostro paese. Forse è stato un azzardo, ma io leggo questo disegno come il tentativo di un compromesso tra le parti in campo, cercare nella mitologia cristiana un momento comune con la lotta per i diritti LGBT: l’auto-affermazione, che include la consapevolezza di ciò che si è. San Giorgio uccide il drago in cambio della conversione degli abitanti del villaggio, esigendo quindi una nuova condizione spirituale, una nuova consapevolezza, appunto. Uccidere il mostro permette il passaggio da una situazione ad un’altra, rende possibile una presa di coscienza, è lotta per sopravvivere, è resistere.

Cosa spinge un artista di oggi a reinterpretare le iconografie del passato in chiave contemporanea?

Negare un valore al passato, sia che si parli di Arte o di altro, penso equivalga ad escludere una parte di sé, una parte che può invece rivelarsi importante per capire la società, la cultura che oggi ti fa pensare, parlare, percepire il mondo in un certo modo. Vivere solo il presente credo sia un’illusione perché nega le origini. È già un passo falso verso la consapevolezza e l’auto-affermazione. Del resto, futuro, passato e presente hanno senso in quanto connessi uno all’altro.

I tuoi lavori sono realizzati con una tecnica minuziosa, penna a sfera su carta. Come mai questa scelta? Ha a che fare con la dimensione del tempo?

Il tempo è più che altro una conseguenza. I segni che uso sono nati spesso da uno scarabocchio. Succede che questo gesto casuale riveli un segno che ripetuto, affiancato, sovrapposto a se stesso diventa forma, luce, ombra. Amo l’esecuzione che richiede una concentrazione prolungata, il tempo in questo modo sembra rallentare.

Sul tuo profilo Facebook c’è un’immagine che ho trovato geniale: una mappa del Mediterraneo in cui l’Italia diventa il mare interno della Libia. Cosa significa per te?

È nata cinque anni fa, quando si parlava di “primavera araba” e di guerra civile in Libia. Fa parte di un ciclo di opere per la tesi di laurea, il cui tema era il confine che delimita un’area geografica ma anche uno spazio interiore. L’idea di una frontiera immutabile, data come verità storica, è solo un’apparenza legata al momento presente. Ecco, quest’opera ha molto a che vedere con il passato, basti pensare alle pretese colonialiste che proponevano un’Italia ‘”allargata’”, ma permette di ri-orientarsi anche nel presente, se consideriamo ad esempio i migranti che ancora oggi attraversano questo tratto di mare. Le conseguenze di questo movimento di persone implicano una messa in discussione del sistema sociale in cui si vive, della propria cultura, di come si dovrebbe agire in determinate situazioni. Insomma, è una rappresentazione mentale di una realtà oggettiva, che meglio si avvicina alla mia percezione della Storia, attuale e passata.

Quanto ce l’hai lungo?

Taglia M, tendente a L, il lunedì, giovedì, sabato e domenica. Ben fatto.

pubblicato sul numero 11 della Falla – gennaio 2017