Ricerche, inchieste, foto, interviste: le checche vecchie, le lesbiche anziane, le transgender âgée sono oggetto di interesse. Preferirei venissero indagate le giovani: la nostra vita la s’è fatta, avanti le nuove! Forse è proprio la storia alle spalle a destare curiosità. E bisogna sbrigarsi, che poi si viene a mancare. Anch’io andavo agli spettacoli di Paolo Poli – sublime nella sua altissima, innocente, sprezzante frociaggine – immaginando che potesse essere l’ultimo. Un sondaggio: sei stato insultato perché frocio? Scrivo a chi lo ha promosso. Mi è capitato, ma se n’è pentito, l’ho afferrato al collo strizzandolo da soffocare. Manca, però, la domanda: cos’è accaduto all’insultante? C’è un pregiudizio nel sondaggio: che noi si subisse. Mica vero. Eravamo giovani incazzerecce e a chi voleva zittirci poteva accadere di prenderle o di venire deriso alla morte e provare vergogna da ricordare a lungo. Perché ci sono un prima e un dopo. C’è l’insulto. Poi la storia va narrata nel suo dipanarsi. E ci si avvede che c’è un dopo, la ribellione. Il su la testa. Il tamburo che dà la sveglia. La notte di Sylvia Rivera che lancia una bottiglia agli sbirri di New York. Un gesto in fondo banale, rabbioso. E che tutto cambia. Siamo donne, froci, lesbiche, transgender, africani dalla pelle scura, zingari, poveri, senza casa, drogati, obiettivi di un governo che fa fortuna sull’insulto e sulla discriminazione. Ma la corda si spezza, i reietti si incazzano. Attenzione.

pubblicato sul numero 44 della Falla, aprile 2019