C’ERA UNA VOLTA IL BATTUAGE

di Nicola Riva

Il sesso occasionale ha sempre fatto parte della forma di vita omosessuale. Per molto tempo è stata più o meno una scelta obbligata: l’unica forma in cui il desiderio omosessuale poteva esprimersi, non essendovi le condizioni sociali perché potessero maturare relazioni più stabili. Ma la passione per il sesso occasionale rimane anche nell’epoca della “normalizzazione” del desiderio omosessuale. Sarà che una volta infranta una delle norme che governano la sessualità anche le altre tendono a cadere di conseguenza, l’idea di “rinuncia sessuale” sembra per molti omosessuali difficile da afferrare. Ma se la passione per il sesso occasionale resta una costante, cambiano i luoghi in cui “ci si caccia”. Oggi quei luoghi sono prevalentemente dematerializzati: luoghi virtuali, quelli delle chat e delle app. Un tempo, invece, erano luoghi fisici: i locali, che ancora sopravvivono, ma anche i battuage: spazi pubblici, in genere all’aria aperta (giardini, parchi, pinete, piazze, parcheggi), dove ci si poteva recare per cercare, trovare e spesso anche consumare del sesso occasionale.

Il battuage era – ed è, ove è sopravvissuto all’avvento dell’era digitale – il regno del corpo. Tutto passava per una comunicazione non verbale: gli sguardi, i sorrisi, gli inseguimenti, gli appostamenti. La visibilità era spesso alquanto limitata – non tutte le notti sono notti di luna piena – e ciò portava ad affinare tutti i propri sensi, il proprio intuito, la capacità di vedere nell’oscurità, di leggere le ombre, di distinguere, tra i rumori della natura, quelli umani e quelli non umani. Il know-how necessario non poteva essere insegnato: andava appreso sul campo. L’esperienza non aveva nulla di ordinario: la sua straordinarietà, la sua trasgressività, persino il senso della sua rischiosità, contribuiva al suo fascino. Ma il battuage era anche un luogo di ritrovo e di socializzazione: ci si poteva andare da soli o in compagnia. Ed ecco che ti potevi ritrovare in una calda notte d’estate a discutere di massimi sistemi, al chiaro di luna, in compagnia di uno straniero, o a scherzare con gli abituali compagni di avventure, nell’attesa di ritirarsi alle prime luci dell’alba.

Il sesso occasionale nell’età digitale è tutt’altra esperienza. Nello spazio virtuale delle chat e delle app tutto è filtrato dal linguaggio: un linguaggio verbale o non verbale, spesso impoverito, altamente standardizzato, in cui tutti sembrano impegnati a recitare il medesimo copione o a posare per la stessa rivista (VM 18). Tutto deve essere esplicitato, etichettato, per evitare inutili perdite di tempo: la sessualità è pianificata, amministrata. Le chat e le app non richiedono un tempo dedicato: si può rimanere connessi mentre si è impegnati a svolgere altre attività. Ed ecco che i nostri stessi rapporti sessuali sono scanditi dal rumore di fondo delle notifiche che segnalano l’arrivo di nuovi messaggi: promesse di piaceri futuri che ci distraggono dal piacere del momento. La ricerca del sesso diventa routine; l’esperienza più ricorrente è quella del déjà vu. Ovviamente le chat e le app comportano numerosi vantaggi: sono più accessibili e, come tali, si prestano ad essere usate anche da chi non può spostarsi o si sente più protetto dallo schermo di un telefono o di un computer.

Il battuage e Grindr. Due luoghi simili per destinazione, che non potrebbero, tuttavia, essere più alieni. Nella transizione dall’uno all’altro è la nostra esperienza della seduzione e della conquista a risultarne modificata. A riprova di quanto gli strumenti non siano mai solo strumenti e le opportunità non siano mai solo opportunità.

pubblicato sul numero 17 della Falla – luglio/agosto/settembre 2016