LA SCOPERTA DELL’OMOSESSUALITÀ A VILLACH

Il fatto che possa essermi arrivata un’interessantissima proposta di lavoro in un paese di cinquantamila anime, sperduto tra le montagne della Carinzia, è una cosa che probabilmente desterà stupore. Il fatto che io l’abbia accettata senza pensarci troppo, forse ancora di più. Così, nel marzo del 2016, la mia vita è stata violentemente catapultata nella provinciale cittadina di Villach, in quella zona di confine in cui Austria, Italia e Slovenia si incontrano.

Solo pochi mesi addietro avevo intrapreso le prime, tardive, esplorazioni della mia omosessualità, che si era manifestata quasi improvvisamente e in un modo che meriterebbe un racconto a parte. Nell’euforia causata dall’idea del primo lavoro, dalla prospettiva di una carriera brillante, ho dimenticato che in quel momento la priorità era sperimentare, vivere nuove occasioni, conoscere quel mondo omosessuale di cui da un giorno all’altro ero diventato parte e dal quale mi sentivo ancora così distante. Solo dopo il trasferimento mi sono reso conto di quanto l’impossibilità di fare tutto questo nella piccola città austriaca, cosa che mi era chiara sin dall’inizio, mi avrebbe arrecato grandi sofferenze.

Inutile dire che a Villach manca una vera e propria comunità gay con i relativi luoghi di aggregazione. Durante i primi giorni passai molto tempo sulle app di incontri in cerca di nuove conoscenze, ma ho capito in breve tempo che i pochi ragazzi gay con cui riuscivo a iniziare una conversazione erano profondamente diversi da me per mentalità e interessi.

A lavoro le cose non andavano affatto meglio: un giorno, durante una pausa caffè, si discuteva della legge sulle unioni civili (Eingetragene Partnerschaften), che in Austria è stata approvata nel 2010, ben prima che in Italia. Un collega ha affermato di non conoscere alcun omosessuale, per cui quella legge veniva probabilmente applicata molto di rado (a lavoro ero dichiarato solo con alcuni, non con lui). Questa affermazione può raccontare da sola tutto quel mondo: non omofobia, ma di sicuro omo-ignoranza. Disarmante, se si pensa che veniva da un collega giovane e brillante, ma si sa che la carriera e la conoscenza del mondo a volte marciano in direzioni opposte.

In questo aneddoto possiamo ravvisare il classico problema dell’arretratezza della provincia rispetto alla città. Un problema ben noto ma che io, nato e cresciuto in una città relativamente grande, conoscevo solo in linea teorica. E forse nel caso di Villach era amplificato dall’emarginazione geografica.

Ciò che più ricorderò del tempo trascorso a Villach è quella tremenda sensazione di isolamento, causata dall’immaginare la vita che scorre in quel che si dice mondo civilizzato e dal sentirmene irrimediabilmente escluso.

pubblicato sul numero 42 della Falla, febbraio 2019

immagine realizzata da Carmen Ebanista