Le Queen’s Arms sono Drag Queen

Non solo queer-friendly, Brighton è uno dei posti più queer del Regno Unito. Secondo un sondaggio del 2015 del Ons, l’Ufficio delle statistiche nazionali britannico, Brighton è la terza amministrazione comunale per popolazione LGBT+. Per sapere cosa attiri le frocie, basta un colpo d’occhio: le bandiere arcobaleno che sventolano dai negozi e pub, e la spropositata quantità di queer business che popola le lane, le viuzze dello shopping non mainstream. Si possono comprare scarpe vegane, sex toys e spille – ma per la città ci sono anche pulitori professionisti di moquette, parrucchieri, installatori di finestre e gallerie d’arte, tutte attività gestite da persone LGBT+, che hanno integrato la loro identità con la professione.

La vita notturna offre altrettanti spunti, soprattutto a Kemptown: le discoteche sono numerose, e anche se la maggior parte sono mirate agli uomini gay, c’è comunque una serata per lesbiche il giovedì al Revenge. Il mio coinquilino e io ci siamo imbattuti in un bar in cui si esibiscono ogni sera drag queen diverse, si chiama Queen’s Arms, al lato opposto del King’s Arms, tipico pub inglese. Mi ha stupito che la clientela dei due pub avrebbe potuto essere la stessa: gruppi di amici, colleghi, coppie che si godevano la serata – che in questa nazione vuol dire che bevevano come spugne. Io mi sono sentita molto più a mio agio del solito, scambiando due chiacchiere col barista: tutto ciò che è queer mi farà sempre sentire a casa.

All’università c’è almeno un bagno gender-neutral in tutti gli edifici; ci sono policy antidiscriminazione a proteggere chiunque, e anche pubblicità di competizioni di lipsync nelle bacheche. Per il Trangender Day Of Remembrance tutti gli schermi multimediali del Campus, decorato ovunque con bandiere rosa, bianche e azzurre, ne spiegavano l’origine. Esiste persino il Sussex Pride, una parata di studenti, insegnanti e staff LGBT+ nel mese di febbraio, che è anche il mese della Storia LGBT+. Proiezioni di film, conferenze e celebrazioni sono un’occasione per fare comunità, altrimenti accentrata attorno alla Brighton LGBT Switchboard, un’associazione distribuita sul territorio nazionale, di solito con il nome di Gay and Lesbian Switchboard. Qui l’associazione ha numerosi progetti con persone trans* e non-binarie, persone LGBT+ con disabilità, e incontri e sostegno per i più anziani della comunità – segno che le identità più mainstream dell’arcobaleno non hanno dimenticato che i loro privilegi sono stati garantiti dalle lotte di tutte e tutti.

Vivere a Brighton mi sta insegnando cosa significa sentirmi tutelata, ma anche il valore della non assimilazione: la quasi inesistente omobilesbotransfobia fa sentire al sicuro, e al contempo le nostre identità non sono invisibili, o dimenticate. Un senso di collettività non si è del tutto perso con l’accettazione e spero che l’esempio di questa città sia un presagio per il futuro della comunità LGBT+ tutta: unita, che protegge chi tra noi è più a rischio di discriminazione, che sa celebrarsi.

pubblicato sul numero 43 della Falla, marzo 2019

immagine realizzata da Carmen Ebanista