OMOEROTISMO E CONOSCENZA NELLA SAGA DI GILGAMESH

La saga di Gilgamesh rappresenta il più antico poema epico attestato al mondo, la prima grande opera letteraria della storia umana. Le sue origini risalgono almeno al III millennio a.C. e sono sumeriche, come sumeriche sono le origini della scrittura.

Gilgamesh è il re di Uruk; la legittimazione della sua regalità non è data solo da forza e bellezza non comuni dell’eroe, ma anche dalla sua vastissima conoscenza.

Quest’ultima caratteristica introduce l’aspetto più significativo della sua personalità; in tutta la letteratura del Vicino Oriente antico, dallo stesso poema di Gilgamesh fino alla Bibbia, la conoscenza è ritenuta una prerogativa femminile, così come la forza fisica una maschile: gli uomini possono acquisire la conoscenza solo dalle donne attraverso il sesso (è da questa concezione che ci deriva, ad esempio, l’espressione “conoscere in senso biblico” per alludere scherzosamente al rapporto sessuale).

Gilgamesh è diverso, ed è questo a farlo re, non ha bisogno di una donna per acquisire la conoscenza, dentro di lui è già presente questo principio considerato femminile. Ma andiamo alla sua storia. Un giorno un cacciatore, vagando per la steppa, vede un essere terrificante dall’aspetto umano, ma dalla forza e dal comportamento di una bestia. Capendo che può diventare una minaccia per le greggi e gli abitanti di Uruk, il cacciatore informa Gilgamesh di questa sua scoperta e lo supplica di uccidere quel mostro.

Gilgamesh, nel frattempo, aveva fatto due sogni premonitori tutt’altro che nefasti: in uno una stella luminosa, nell’altro una splendida ascia bipenne, erano cadute dal cielo sulla terra; il re, dopo avere provato invano a rimuoverli, si era congiunto a questi due oggetti “amandoli come una moglie e abbracciandoli forte”. Sogni veramente strani, ma la saggia madre di Gilgamesh sapeva benissimo cosa significassero: quella stella e quell’ascia erano uno splendido uomo, nient’altro che il “mostro”, dal nome di Enkidu, che Gilgamesh avrebbe dovuto uccidere e di cui, invece, sarà destinato a innamorarsi a prima vista. Tutto molto chiaro ed esplicito.

Eppure, se si prende l’edizione italiana del Gilgamesh curata dal noto semitista ed ex seminarista Giovanni Pettinano, si può leggere nell’introduzione che questi elementi non sono sufficienti a far parlare di una relazione omosessuale di Gilgamesh con Enkidu e che non vi sono altre tracce dentro al poema che possano confermare una tale interpretazione. Certo, come no, ma continuiamo a raccontare la nostra storia.

Un giorno Ishtar, la dea della bellezza e dell’amore, corrispondente dell’Afrodite dei greci e della Venere latina, vedendo il bello e colto Gilgamesh se ne innamora e gli chiede di sposarlo con dolci e allettanti promesse di felicità.

Gilgamesh rifiuta malamente la proposta con una serie molto colorita di frasi misogine ed eterofobiche, del tipo: “Per me saresti come un forno che non sa sciogliere il ghiaccio/ una porta sgangherata che non trattiene i venti e la pioggia (..)/ un otre che inzuppa l’uomo che la porta(..)/ una scarpa che morde il piede del suo portatore”. E cosa fa Ishtar adirata da questo rifiuto? Uccide il re? No, la vera vendetta è, ovviamente, uccidere l’amato del re, Enkidu.

Il lamento di Gilgamesh per la sua morte sarà straziante (è da lì che deriva il successivo lamento di Achille per la perdita di Patroclo) e quando il nostro eroe rivedrà Enkidu scendendo negli inferi, gli dirà a chiarissime lettere “non posso più godere del tuo corpo”.

Esiste un brano della saga, attestato purtroppo solo da frammenti, in cui Gilgamesh sta per recarsi al tempio per sposarsi con una donna e garantire la discendenza al trono, ma Enkidu glielo impedisce sbarrandogli la strada. Pettinato ci spiega che Enkidu non vuole che il re si sposi, perché ha intenzione di spodestarlo, ma la chiave poetica della saga, che la tradizione degli studi ha sempre fatto finta di non capire, sta proprio qui: è scontato, è logico che Enkidu debba essere l’antagonista di Gilgamesh, è questo quello che pensano e si aspettano tutti gli abitanti di Uruk.

Ma Gilgamesh ed Enkidu spiazzeranno tutti, amandosi.

Pubblicato sul numero 42 della Falla, febbraio 2019